Dall’inizio del 2015 la Bce attua un programma di alleggerimento quantitativo (il cd. quantitative easing) che prevede l’immissione nell’economia di grandi quantità di denaro. Ogni mese la Bce acquista 60 miliardi di euro in titoli di Stato e in tal modo inietta una pari quantità di denaro nell'economia. Ad oggi, l’iniezione di liquidità così apportata ammonta in totale a quasi 700 miliardi. Il 3 dicembre 2015 la Bce ha annunciato che l’attuazione del programma sarebbe continuata fino a febbraio 2017. Di conseguenza, l'importo complessivo di obbligazioni acquistate in quel momento avrà raggiunto i 1.560 miliardi di euro.

È indubbio che la massiccia iniezione di liquidità da parte della Bce dall'inizio dello scorso anno abbia avuto un effetto positivo sulle esportazioni, provocando un deprezzamento dell'euro nei confronti delle principali valute (dollaro, sterlina) e aumentando la competitività degli esportatori dell’Eurozona nei confronti del resto del mondo.

Al tempo stesso, tuttavia, è sempre più evidente che questa politica da sola non è sufficiente a far uscire le economie dell'Eurozona dalla loro crescita letargica. Nel secondo trimestre del 2015, infatti, la crescita dell’economia ha di nuovo rallentato e si teme che nei prossimi anni possa rimanere modesta a dispetto delle iniezioni di liquidità (base monetaria) nel sistema, passate e future.

Tutto questo non dovrebbe sorprenderci. Da tempo gli economisti ci hanno avvertiti: quando i tassi di interesse sono prossimi allo zero, l’alleggerimento quantitativo non è in grado da solo di stimolare l’economia, in quanto in simili condizioni la liquidità creata dalla Banca centrale non filtra facilmente nell’economia reale. La maggior parte infatti viene accumulata perché sono limitate le opportunità di trovare tassi di rendimento interessanti. Inoltre, molte istituzioni finanziarie preferiscono accumulare la liquidità addizionale creata dalla Bce senza fare con essa granché di produttivo. È la ben nota trappola della liquidità.

Alcuni economisti hanno sostenuto che un’iniezione diretta di base monetaria nell’economia (helicopter money) otterrebbe il risultato di stimolare la domanda aggregata e di far decollare la crescita economica (si veda ad esempio Muellbauer, Combating deflation in the Eurozone: QE for the people, VoxEU, 2014). A prima vista sembra allettante. Non potremmo bypassare il settore finanziario, soggetto alla trappola della liquidità, e portare i soldi direttamente ai consumatori? Ho i miei dubbi. Se il settore finanziario è impantanato in una trappola della liquidità, è probabile che lo siano anche i consumatori. In altre parole, è altrettanto probabile che i consumatori privi di fiducia nel futuro possano decidere anch’essi di accumulare (risparmiare) il denaro e spenderne solo piccole quantità.

Pur necessario, quindi, l’alleggerimento quantitativo non è sufficiente, e dev’essere assecondato da politiche fiscali che sono il vero problema dell’Eurozona. Le politiche fiscali attuali non sono di alcuna utilità. In primo luogo, troppi Paesi continuano a essere imprigionati dalla camicia di forza dell’austerità. In secondo luogo, e soprattutto, gli investimenti pubblici continuano a diminuire in termini di percentuale del Pil, ed è proprio l'investimento pubblico la chiave per la ripresa dell’Eurozona.

Due sono le ragioni per cui l’investimento pubblico è centrale per la promozione della crescita economica. In primo luogo il settore privato, privo di fiducia nel futuro, ha ancora molta avversione al rischio e non riesce a investire a sufficienza. Per affrontare questo problema occorre che le autorità pubbliche diano l’esempio avviando un rilancio degli investimenti pubblici. Ciò consentirà di aumentare la crescita economica e creerà più fiducia nel futuro, che a sua volta stimolerà gli investimenti privati.

In secondo luogo, sono necessari investimenti pubblici per raggiungere gli obiettivi a lungo termine di un'economia verde, che richiede investimenti nelle fonti energetiche alternative e nei trasporti pubblici.

Purtroppo, gli investimenti pubblici sono scoraggiati da una regola che i membri dell’Eurozona si sono autoimposti, vale a dire il divieto di finanziarli con prestiti obbligazionari. Gli investimenti possono essere finanziati esclusivamente con le entrate fiscali correnti, e questo vincolo impedisce agli investimenti pubblici di decollare, sostenendo il recupero e sviluppando l’economia verde.

Si sostiene spesso che le autorità pubbliche non dovrebbero aumentare il debito ma, al contrario, ridurlo. Alcuni Paesi della periferia dell'Eurozona hanno indubbiamente una limitata capacità di incrementare il loro debito (inoltre, alcuni possono essere carenti nel guidare gli investimenti pubblici in direzione di un incremento della produttività), ma altri – come la Germania, la Francia, il Belgio, l'Olanda – sicuramente possono farlo. I governi di questi Paesi oggi possono prendere denaro in prestito a scadenze molto lunghe pressoché gratis. Esistono certamente molti progetti di investimento che hanno un tasso di rendimento superiore allo 0%.

Un governo che emetta obbligazioni a un tasso prossimo allo 0% e incanali il denaro in progetti che hanno tassi di rendimento di gran lunga superiore allo 0% promuove la crescita economica e rende più facile il futuro rimborso del debito, come è stato sottolineato anche dal Fondo monetario internazionale nel World Economic Outlook del 2014: «i progetti finanziati attraverso il debito potrebbero avere importanti effetti in uscita senza aumentare il rapporto debito-Pil, qualora attraverso investimenti efficienti vengano soddisfatte necessità infrastrutturali chiaramente identificate» (Is it time for an infrastructure push? The Macroeconomic Effects of Public Investment, in World Economic Outlook, cap. III, ottobre 2014, pp. 76-114).

In altri termini, ciò che conta non è il debito lordo dei governi, ma il loro debito netto. Un’emissione di obbligazioni che permetta di investire in attività con un tasso molto più alto di rendimento rispetto al costo del denaro (oggi vicino allo 0%) ridurrà in prospettiva l'indebitamento finanziario netto. Purtroppo i Paesi della zona euro, sollecitati dai responsabili della politica europea, continuano a rimanere abbacinati dai numeri del debito lordo e di conseguenza non riescono a fare le cose più ovvie.

Per rilanciare la crescita economica a lungo termine, le autorità europee hanno messo l’accento sulle riforme strutturali. L’analisi econometrica della relazione tra crescita a lungo termine e riforme strutturali suggerisce che queste riforme hanno un effetto debole sulla crescita (si vedano in proposito il World Economic Outlook 2015 del Fondo monetario internazionale, cap. III, 3.5, pp. 104-107, sugli effetti delle riforme strutturali sulla produttività totale dei fattori e P. De Grauwe e Y. Ji, Crisis Management and Economic Growth in the Eurozone, lavoro presentato alla Conferenza sulla crescita in Europa alla Banca del Portogallo, Lisbona, maggio 2015). Questi stessi studi, tuttavia, dimostrano che gli investimenti pubblici e privati sono molto più importanti per rilanciare la crescita economica. Eppure, imponendo il pareggio di bilancio ai Paesi membri, vietando in tal modo il finanziamento degli investimenti pubblici attraverso l'emissione di obbligazioni, le autorità europee scoraggiano gli investimenti pubblici nell’Eurozona, e lo fanno per giunta in un momento in cui le condizioni finanziarie per i prestiti non sono mai state così favorevoli.

Dal 2008 la crescita media annua del Pil nell’Eurozona è stata pari a zero. Questo non è avvenuto invece nei Paesi dell'Ue non appartenenti all’Eurozona (si veda la figura che mostra l’andamento del Pil nell’Eurozona, UE-10 e Stati Uniti, prezzi 2010). Il contrasto tra i Paesi dell'Ue non appartenenti all’Eurozona (UE-10) e l’Eurozona è netto: diversamente dagli altri, infatti, quelli che hanno deciso di non entrare nell’Eurozona sono riusciti a riprendersi dalla recessione del 2008-09. Questa triste performance dell’Eurozona è interamente autoprodotta ed è il frutto di regole fiscali poco intelligenti.

Si dice spesso che i governi oggi non possono incrementare il debito perché ciò rappresenterebbe un peso per i nostri nipoti. La verità è che i nostri nipoti ci chiederanno perché non abbiamo investito in energie alternative e in mezzi di trasporto pubblico, e perché abbiamo reso infelice la loro vita nonostante ci trovassimo in condizioni finanziarie storicamente favorevoli per farlo.

 

 

 

[Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese sul sito del Ceps, che si ringrazia per l’autorizzazione a riprodurlo. La traduzione è di Giovanni Arganese].