Cause e conseguenze di un risultato elettorale. Con circa il 30% delle preferenze il Gerb, partito del premier uscente Bojko Borisov, ha ottenuto la maggioranza relativa nelle elezioni anticipate che domenica 12 maggio si sono tenute in Bulgaria. Il risultato è sostanzialmente positivo, a fronte delle motivazioni che il 20 febbraio scorso avevano causato la caduta del precedente esecutivo, come la corruzione, la povertà e la disoccupazione. Motivazioni alle quali vanno aggiunte quelle relative al caro elettricità, che avevano fatto scendere in piazza migliaia di persone, durante le più grandi manifestazioni dalla caduta del regime comunista, e quelle relative allo scandalo delle intercettazioni illegali che poco prima delle elezioni hanno visto coinvolto l’ex ministro degli Interni Cvetan Cvetanov.

A differenza di quanto era accaduto nel 2009, quando il Gerb aveva ottenuto il 40% delle preferenze e 116 seggi, ora questo partito si trova ad affrontare una situazione ben più complessa, che probabilmente non potrà risolvere con la formazione di un governo di minoranza appoggiato dall’esterno. Nel caso in cui il partito di Borisov non sia in grado di formare una coalizione di governo, il presidente della Repubblica Plevneliev potrebbe allora affidare un mandato esplorativo al Partito socialista (Bsp) di Stanišev, che con circa il 26% è la seconda forza politica uscita dalle elezioni. Il leader socialista, nelle scorse settimane, aveva escluso con fermezza la possibilità di un governo di larghe intese con Borisov, sulla falsa riga di quanto già accaduto in diversi Paesi dell’Ue. Stanišev avrebbe comunque una possibilità di scelta molto limitata; le altre formazioni politiche che si sono assicurate un posto in Parlamento sono infatti il Movimento per i diritti e le libertà (Dps), rappresentante della minoranza turca che ha ottenuto il 10,7%, e il Partito ultranazionalista (Ataka), con il 7,3%. La scelta dei socialisti, inoltre, potrebbe essere condizionata fin dall’inizio dall’Ue, che non vede di buon occhio Ataka, ma allo stesso tempo sembrerebbe preferire a Borisov un governo a guida socialista.

Fin qui le percentuali e i possibili scenari politici che nei prossimi giorni potrebbero verificarsi. Ma ci sono altri dati formali da considerare. Innanzitutto i movimenti e i partiti che avevano dato vita alle proteste di piazza dei mesi scorsi non sono riusciti a superare la soglia percentuale che avrebbe garantito loro una rappresentanza parlamentare. I maggiori partiti, poi, hanno subito notevoli flessioni rispetto alle elezioni del 2009. Il dato che emerge, se accostato al fatto che dal 1989 è la prima volta che un partito uscente ottiene di nuovo la maggioranza nelle elezioni successive, è quello di un Paese profondamente privato di motivazioni politico-attuative; anche il governo dei tecnici ad interim ha deluso le aspettative.

Di solito quando ci sono delle elezioni politiche si è desiderosi di spiegare le cause delle vittorie e delle sconfitte, siano esse storiche o contingenti, e ci si trova inoltre a tracciare alcuni scenari futuri: queste sono conseguenze comuni, immediate e legittime. Nelle elezioni bulgare, però, credo ci sia qualcos’altro da prendere in considerazione; le dichiarazioni pre-elettorali di Borisov, di Stanišev e di altri esponenti politici, lo scandalo di sabato 11 maggio, quando in una tipografia vicino a Sofia sono state scoperte 350.000 schede illegali pronte per essere distribuite nei seggi, sono tutti sintomi di un vissuto quasi di irrealtà percettiva.

Spiegare la situazione attuale in Bulgaria significa allora riuscire a mettere insieme una serie di dati eludendo il metodo secondo il quale il momento deve essere compreso soltanto immergendosi nel passato del vissuto collettivo. Spiegare significa anche saper proiettare il contesto verso l’esterno, per verificare le modalità strutturali con le quali appare; l’insieme dei modi e dei tratti strutturali farà così emergere l’eidos sociale.

Nel 2007 la Bulgaria si era aggrappata all’Ue, diventandone membro, per assicurarsi stabilità interna e internazionale, per modernizzare il Paese cercando di combattere corruzione e criminalità. In quel contesto temporale la comunicazione tra il tutto e la parte sembrava essere di segno positivo. Oggi, però, l’Ue non è più quel punto di riferimento sicuro.

Lo spazio vitale (della Bulgaria), che è la rappresentazione della situazione ambientale in cui un soggetto vive (qui e ora) e delle alternative che si pongono, interagisce oggi con il sistema (europeo) in modo diverso e più conflittuale a fronte di forze di segno negativo che fanno fluttuare pesantemente il tutto. Non bisogna dimenticare, infatti, l’abbandono da parte bulgara del progetto di costruzione dell’oleodotto voluto dalla Russia, il problema della costruzione a Belene di una nuova centrale nucleare, l’ok di Borisov per la costruzione del sistema energetico integrato con i Paesi confinanti, il progetto del gasdotto Nabucco, e al tempo stesso l’adesione al progetto Southstream voluto dalla russa Gazprom. Far diventare la Bulgaria il Paese di transito di forniture energetiche tra Russia, Azerbaijan ed Europa, per elevarne il ruolo internazionale, rischia di cozzare con le forze interne che chiedono risposte urgenti a problemi non più eludibili.