Finanza e società giusta è il titolo dell'ultimo saggio di Robert J. Shiller sul rapporto tra mercati finanziari e società; non Finanza contro la società giusta o Finanza e società ingiusta. E non è un caso: il testo di Schiller è controcorrente, ancor di più oggi in un contesto di deriva della speculazione finanziaria. {C}Dai suoi trenta capitoli emerge l'ambizione di reinterpretare ogni aspetto della società, della storia e della cultura - soprattutto occidentali - attraverso la lente della finanza e più in generale dell'economia, concetto teoricamente più vasto, sul quale peraltro sembra avanzare inesorabile l'egemonia della finanza tout court.

Prescindendo da qualsiasi critica o dubbio sul merito delle considerazioni dell'autore, di cui parliamo più avanti, occorre riconoscerne sia il coraggio di affrontare le possibili reazioni di repulsa verso alcune tesi così provocatorie, sia il rigore metodologico molto anglosassone nel fornire fatti e bibliografia a sostegno di ogni affermazione. Tanto da rendere il testo un utile strumento per rileggere in modo inedito la storia economica del pianeta (non solo del mondo capitalista).

Lo spirito calvinista pervade ogni respiro di questo libro, facendo riflettere sin dal principio sul contributo di alcune invenzioni finanziarie per una società più giusta, democratica e prospera. Shiller approfondisce ad esempio lo sviluppo dei mezzi di raccolta del capitale a favore di privati e imprese (mutui o obbligazioni quindi), ricordandoci che la finanza e i mercati finanziari nascono proprio da lì e che già di questo dovremmo essere loro grati. Il processo mentale improntato al più puro positivismo passa rapidamente dagli strumenti finanziari delle origini all'elogio delle loro più recenti evoluzioni sotto forma di derivati sempre più complessi, ma non per questo meno utili alla collettività. Ad esempio, la speculazione (immensa e fulminea) su ogni sorta di materia prima sarebbe assolutamente necessaria per permettere a tutti di conoscere sempre ed in ogni momento il reale valore di ogni merce, grazie all'equilibrio tra domanda e offerta.

Ciò che a noi potrebbe apparire eccessivo altro non è che uno sfogo relativamente indolore delle fatali inclinazioni dell'animo umano. Ad esempio l'accumulo di ricchezze immense in poche mani, attraverso la speculazione finanziaria, sarebbe un modo non violento di manifestare l'inevitabile istinto di prevaricazione che distingue individui con capacità superiori alla norma. Insomma, un antidoto alla guerra se non addirittura l'emancipazione dal totalitarismo. La concentrazione della ricchezza apparirebbe quindi non solo come il male minore ma come l'irrinunciabile presupposto per iniziative filantropiche, dato che i soldi, a parte fungere da trofeo, in fondo non fanno la felicità.

Lo saprebbero bene i capitalisti che del resto, nel loro animo, non hanno il desiderio di danneggiare nessuno (in quanto nessuna loro cattiva azione è premeditata), ma solo di occuparsi di ciò che li appassiona. Peccato che Shiller ometta di ricordare che per quanto non ci sia premeditazione, spesso non vi è nemmeno alcuna preoccupazione sulle possibili conseguenze sociali di scelte o speculazioni dettate principalmente, se non esclusivamente, dall'ambizione di essere più ricchi o più potenti. Scelte che possono essere nefaste ancor prima di infrangere palesemente il codice penale, come avvenuto ad esempio nella recente gestione del Monte dei Paschi. Con buona pace dei regolatori, che lo stesso Shiller riconosce sostanzialmente inutili.

Positivismo e ineluttabilità della natura umana spingono l'autore a giustificare quasi ogni iniziativa sul fronte dello sfruttamento delle risorse del pianeta, purché sia sempre la finanza a compiere il ruolo di regolatore. Anche la marea nera nel golfo del Messico, vittime a parte, sarebbe stata un incidente di percorso del progresso umano, dalle conseguenze residuali grazie all'intervento delle assicurazioni nel compensare ogni possibile danno economico a suon di rimborsi (e l'ambiente? e gli animali?). Insomma, riconducendo ogni cosa o fenomeno a moneta di scambio, è possibile  migliorare il benessere di tutti, a patto di lasciare piena libertà alla creatività finanziaria.

Non mancano mai esempi positivi, o presunti tali, di quanto egli afferma: l'accesso ai mutui immobiliari anche da parte dei meno abbienti, consentita negli Stati Uniti dall'introduzione dei derivati di credito, o la creazione di un mercato del rene regolato come un qualsiasi mercato finanziario. E se qualche incidente di percorso guasta la festa è colpa delle debolezze umane. Come il formarsi di bolle speculative, che non sarebbe il risultato dell'eccesso di iniziative speculative da parte dei market players (banche, fondi, società immobiliari) su un medesimo mercato (internet, immobili, ecc), ma la conseguenza ineluttabile di quanto la collettività possa restare vittima di atteggiamenti fanatici e conformisti nel credere che il valore di qualcosa, ad esempio di una casa, possa crescere all'infinito. E pazienza se lo scoppio delle bolle medesime fa vittime proprio tra i soggetti più deboli di questo processo, vale a dire tra chi, ad esempio, peccando di scollamento dalla realtà o "dissonanza cognitiva" come preferisce definirla Shiller, avrebbe dovuto rendersi conto che il suo reddito non era in grado di sostenere la rata del mutuo.

Una tesi francamente ardita in un mondo in cui le banche sfruttano ogni mezzo affinché i comportamenti di tutti seguano una certa direzione.

Più condivisibile ci appare invece la constatazione che la "dissonanza cognitiva" sia imputata a coloro che hanno immaginato l'Euro senza preoccuparsi di fare i conti con l'impossibilità di rendere omogenei i debiti emessi da nazioni così diverse.

L'ottica pragmatica di Shiller ci aiuta a leggere molti fenomeni in modo disincantato e non dogmatico. Purché si rinunci a pretendere di capire come mai il mercato dei derivati, se è funzionale al progresso dell'umanità, sia potuto lievitare fino a quasi dieci volte il PIL mondiale: sessantasette trilioni di dollari. Forse occorre cercare lì il segreto di quegli arricchimenti colossali che neanche Shiller riesce a spiegarsi: lo ammette, dimostrando così umiltà e intelligenza.

Finanza e società giusta ci offre una visione dell'uomo disincantata, che accetta l'egoismo e il desiderio di prevaricare il prossimo non come un'indole da avversare, ma come risorsa da sfruttare al servizio del progresso, grazie alla tecnologia offerta dalla finanza. Ai nostri occhi può apparire una teoria paradossale, se non provocatoria. Nessuno però potrà rimproverargli di essere ipocrita. Difficile poter dire lo stesso di coloro i quali, pur rinnegando questo mondo, ne traggono beneficio senza neanche essere concretamente in grado di immaginarne un altro migliore.

 

Finanza e società giusta, Collana "Saggi", Il Mulino, 2012, pp. 344