«Un piccolo-grande monumento all’impiegato pubblico, al burocrate, al passacarte, e al grand commis. Al di là di tutti gli stereotipi un omaggio all’oscuro lavoro, di tanti, in tutti i paesi, in tutte le latitudini, in tante epoche»
(dalla prefazione di Anna Maria Cancellieri).

Zelanti o lavativi, capaci o perdigiorno, molti giganti della letteratura – da Gogol’ a Stendhal, da Svevo a Dickens – hanno indossato le «mezze maniche» del pubblico impiegato, vivendo la quotidianità di quel mondo fatto di mediocrità e routine, ma traendone idee, personaggi, ambienti che hanno ispirato grandi capolavori. Queste pagine ci restituiscono le vicende, ora tristi ora divertenti, spesso surreali, di scrittori e di personaggi immaginari accomunati dal medesimo destino impiegatizio, seguendo le tracce del rapporto tra letteratura e burocrazia in luoghi, culture, epoche, generi assai distanti: dalla Francia alla Russia, dalla Mitteleuropa alla letteratura anglosassone, dai nostri Travet e Policarpo sino alla spy-story e alla fantascienza. E svelando anche legami inconsueti, come quelli tra Balzac e Marx, tra Kafka e Weber o, ancora, tra Tolkien, Asimov e i politologi.

Luciano Vandelli insegna Diritto amministrativo nell’Università di Bologna. Ha compiuto varie esperienze nell’ambito delle pubbliche istituzioni, di recente come membro del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa. Tra le sue pubblicazioni con il Mulino: Sindaci e miti (1997), Devolution e altre storie (2002), Il governo locale (2005), Psicopatologia delle riforme quotidiane (2006), Il sistema delle autonomie locali (2011).

Tra carte e scartoffie. Apologia letteraria del pubblico impiegato, Collana "Intersezioni", Il Mulino, 2013, pp. 312

In libreria dal 7 febbraio