Al compimento del primo anno di attività di questo esecutivo, sul sito della presidenza del Consiglio sono stati inseriti alcuni appunti di viaggio, una sorta di resoconto per l’opinione pubblica di quanto fatto. Encomiabile iniziativa, perché il cittadino abbia una visione d’insieme, e nel contempo puntuale, di una parte – realizzata – di ciò a cui si allude nel discorso pubblico come “Agenda Monti”. Una comunicazione efficace è del resto una componente essenziale perché un decisore pubblico sia in grado di suscitare l’interesse, e dunque attivare l’empatia dell’interlocutore, così da plasmarne la visione e influenzarne le aspettative. Condizione necessaria è però che la comunicazione sia comprensibile e credibile. Sotto entrambi i profili in questo caso possono essere formulate diverse critiche.

Comprensibilità. Il resoconto dell’attività di governo è costituito da un testo in italiano (Un anno di governo Monti) e da un powerpoint in inglese, nonostante il titolo in italiano (Analisi economica). Il diverso medium linguistico è presumibilmente motivato da un diverso lettore di riferimento: il cittadino interessato ma non specialista, da un lato; investitori, media, istituzioni esteri, dall’altro. Certo è che la maggior parte delle informazioni e delle valutazioni nel secondo documento non si ritrovano nel primo.

Fin dall’introduzione al documento in italiano sono peraltro riportate due valutazioni piuttosto impegnative, che non sono di facile interpretazione forse neanche per uno specialista.

Prima valutazione: “Molto di più si sarebbe dovuto fare in favore delle classi più disagiate del Paese, soprattutto per sostenere le famiglie che con il loro Welfare sono il vero tessuto produttivo grazie al quale l’Italia non ha subito un contraccolpo negativo come, ad esempio, è successo negli Stati Uniti” (grassetto nel testo originale). Si sta dicendo - con un implicito giudizio di valore sul ruolo del Welfare pubblico - che la rete familiare è il produttore effettivo di Welfare in Italia, o si intende rimarcare che condizione necessaria per la produzione è una coesione sociale di cui le famiglie, agendo da ammortizzatori, sono il fondamento? A seconda dell’interpretazione diverse sono le implicazioni per valutare l’azione del governo. Certo aiuterebbe il confronto con Paesi europei più comparabili con l’Italia rispetto agli Stati Uniti.

Seconda valutazione: “Il governo ha cercato di mettere in sicurezza i propri conti pubblici, come richiesto dall’Europa e dalla Banca centrale europea, al fine di preservare non solo i diritti quesiti, ma anche quelli ancora da acquisire dalle generazioni future” (grassetto nel testo originale). A quali diritti “quesiti” (aggettivo non di diffusa frequentazione) si vuol alludere? Se il riferimento fosse ai diritti al trattamento pensionistico dei lavoratori esodati (o salvaguardati, nella dizione preferita dal governo) sarebbe opportuno precisarlo, con opportuno utilizzo di numeri. Di numeri in altre parti del documento si fa un uso diffuso, anche se il valore assoluto non ne rende chiara l’adeguatezza data la molteplicità di usi indicati (ad esempio, “altri 36 milioni di euro per finanziare altri aspetti: conciliazione famiglia-lavoro, sezioni primavera, progetti di supporto alle famiglie terremotate dell’aquilano, adozioni internazionali e iniziative per premiare progetti e buone pratiche per l’invecchiamento attivo e il supporto familiare”).

Credibilità. Nella presentazione sull’analisi economica si citano valutazioni Ocse circa il potenziale beneficio che i provvedimenti adottati sin qui dal governo possano far crescere fino a quattro punti percentuali nell’arco dei prossimi dieci anni il Pil, ovvero di circa lo 0,4% medio annuo. Tuttavia, la stima dell’Ocse (curiosamente, sul sito del governo lo stesso documento è sì disponibile ma rigorosamente in inglese, per di più incompleto per l’ultima pagina, a segnalare una certa disattenzione nella gestione operativa della comunicazione) è fatta ipotizzando che le leggi sin qui approvate siano tradotte in provvedimenti attuativi – decreti attuativi e regolamenti – , cosa ancora ampiamente non realizzata. Inoltre, i risparmi fino a 22 miliardi di euro attribuiti alla riforma pensionistica sino al 2020, non tengono conto degli oneri, stimati in circa 9 miliardi di euro, per i provvedimenti finora approvati per gestire il problema degli esodati.

Il rischio che, sopravvalutando i benefici della misura che ha segnato forse in modo più netto questo esecutivo tecnico, si vada incontro a problemi di credibilità nella comunicazione dell’azione governativa, specie nei confronti degli interlocutori esteri, sembra essere molto concreto.