La società che reagisce. I cambiamenti avvenuti in Spagna negli ultimi mesi sembrano aver subito un'accelerazione vertiginosa. A partire dall’anniversario del movimento degli indignados – verso la metà di maggio – è stato chiaro il nuovo clima in cui si muove l’inquietudine sociale provocata dall’aggravarsi della crisi economica e dalla crisi di legittimità della democrazia. Ora, da un lato, le forze dell’ordine fanno uso di nuove strategie di controllo dello spazio pubblico – che ad alcuni ricordano in modo inquietante l’agire delle forze antisommossa di Atene – e, dall’altro, la società che si mobilita è alla ricerca di nuove forme di azione, non piú solo dimostrative, in risposta a una situazione politica ed economica che sembra avvicinarsi rapidamente alla catastrofe.

Lo spread tra bonos spagnoli e bund tedeschi ha raggiunto e superato i fatidici cinquecento punti, svalicando addirittura i 600, mentre le prime pagine dei giornali riferivano le trattative in corso per concedere un aiuto statale di più di 23 milioni di euro a Bankia, una delle entità finanziarie più importanti della nazione, sull’orlo del collasso per gli investimenti realizzati negli anni della bolla immobiliare. Ironia della sorte, il giorno stesso in cui la nazionale di calcio debuttava nel torneo che l’ha poi incoronata campione d'Europa il presidente Rajoy ha fatto il passo che tutti si aspettavano, chiedendo all’Europa un salvataggio per cento miliardi di euro. Pochi giorni dopo la finale del campionato, quando per le vie di Madrid ancora si respirava un'aria di orgoglioso nazionalismo, la Banca centrale europea eliminava dai suoi quadri dirigenti gli spagnoli, che da allora non hanno più voce nelle decisioni che tanto li riguardano.

Tutte queste notizie sono state accolte a Madrid con manifestazioni e carcerolazos, e hanno ulteriormente inasprito la conflittualità sociale. Pochi giorni dopo il ritorno dei campioni d’Europa, è arrivata a Madrid la “Marcia negra” dei minatori, in sciopero contro i drastici tagli alla mineria del carbone annunciati dal governo. Centinaia di minatori provienenti dalle Asturie e dal Léon hanno marciato sulla capitale, scontrandosi nel cammino con le forze dell’ordine. Sono stati ricevuti a Madrid una gran folla: all’una di notte la Gran Via era piena di persone di tutte le fasce sociali – studenti, disoccupati, precari, pensionati... – che li acclamavano come eroi nazionali.

Subito dopo la grande marcia dei minatori, si sono realizzate le concentrazioni degli impiegati pubblici, toccati dai feroci tagli del governo che prevedono, tra le altre cose, la soppressione della tredicesima e la riduzione del personale in settori-chiave come l’educazione e la sanitá. Quindi, nei giorni successivi, al passaggio della “Marcia negra”, molti di quegli stessi manifestanti hanno participato a un altro corteo notturno che ha bloccato le principali arterie del centro: gomito a gomito con gli indignados, c’erano pompieri, infermiere, professori e, cosa inedita, poliziotti della Policía Municipal e della Guardia Nacional.

Le proteste degli impiegati pubblici sono culminate nella manifestazione del 19 luglio, quando la capitale è stata letteralmente inondata da una variopinta moltitudine di centinaia di migliaia di persone. Si è trattato di una mobilitazione sorprendente, dal punto di vista sia quantitativo – era dai tempi dell’attentato di Atocha che a Madrid non si vedeva una manifestazione così numerosa – sia qualitativo: quella mattina quasi un centinaio di furgoni antisommossa sono stati trovati con le gomme a terra, in un atto di sabotaggio realizzato quasi sicuramente da membri della polizia stessa, direttamente implicati in queste proteste; mentre i pompieri si sono trasformati nella punta di lancia di una moltitudine che ha attaccato le transenne che proteggono l’edificio del Parlamento. Nel frattempo, le guardie appostate in difesa del Palazzo mostravano di non voler reprimere i loro stessi compagni uniti al corteo.

Nonostante gli scontri e gli arresti avvenuti più tardi in quello stesso luogo, per coloro che erano presenti la notte del 19 luglio sembra aver aperto prospettive in qualche modo vertiginose: il popolo che non si sente rappresentato dai suoi governanti e che si ribella al saccheggio dalle loro politiche di smantellamento è giunto al centro simbolico del potere e, per un momento, ha avuto l’impressione di poterlo destabilizzare.

Probabilmente le mobilitazione delle ultime settimane sono gli ultimi battiti prima che tutti, vinti dal caldo e dal bisogno di riposo, si mettano in pausa fino a settembre. Ma per per l’inizio dell’autunno già circolano diverse convocazioni di scioperi indefiniti e di manifestazioni varie. Nell’immaginario della città fanno capolino parole come “ingovernabilitá”, “dimissioni del governo”, “processo costituente”. Bisognerà vedere se questo movimento sarà capace di trasformarsi realmente in un "99%" e di dotarsi degli strumenti per assumere il potere che vorrebbe strappare dalle mani dell'élit. Un'élite che appare sempre piú incapace di salvaguardare il benessere dei cittadini. Per gli spagnoli si avvicina un autunno caldo dai risvolti imprevedibili.