Sognando l’indipendenza. Il lancio delle campagne Yes Scotland (il 25 maggio scorso) e Better Together (due giorni fa, il 25 giugno, da parte di una coalizione anti-indipendenza formata dall'alleanza tra Labour, Tories e Liberal democratici) fa parte di un lungo percorso che dovrebbe portare, nel giro di un paio di anni, a un referendum consultivo sul futuro della Scozia nel Regno Unito.

Il voto del Parlamento scozzese, con il quale il 31 maggio è stata approvata la mozione del governo scozzese a favore del principio d’indipendenza, ha chiarito, se ve ne fosse stato bisogno, quale sia la posizione delle autorità di Edimburgo sul tema. Come si è giunti a una situazione che potrebbe anche minacciare l’esistenza stessa del Regno Unito? La devoluzione blairiana, pur avendo concesso in alcuni ambiti un certo grado di autonomia sostanziale alla Scozia, non è riuscita a placare le spinte verso l'indipendenza. Le elezioni del 2011, decretando la vittoria schiacciante dello Snp (Partito nazionalista scozzese, guidato da Alex Salmond) con 69 seggi su 129, hanno dato ulteriore impulso alle richieste provenienti da Edimburgo.

L’affermazione elettorale ha scosso equilibri consolidati poiché il sistema elettorale scozzese era stato pensato per evitare che un singolo partito ottenesse la maggioranza assoluta. I vincitori sono rimasti vittime, in un certo senso, del loro stesso successo. Infatti, dopo aver fatto campagna elettorale con la promessa di chiedere un referendum  sull’indipendenza, si sono ritrovati a dover far fronte alla responsabilità di governo. Da qui è partita la proposta di indire una consultazione per verificare la volontà dei cittadini scozzesi sulla possibile indipendenza. Si è poi manifestato il carattere tattico della richiesta; infatti, lo Snp preferirebbe un quesito referendario con due risposte - «sì» o «no» - ma con tre possibili opzioni. Oltre a quella negativa e a quella positiva, Salmond vorrebbe avere sulla scheda una terza risposta che contempli la cosiddetta «devolution plus». Si tratta di un’opzione intermedia che non porterebbe la Scozia fuori dal Regno Unito, ma le concederebbe un’autonomia ancora maggiore. È possibile che la posizione dello Snp sia dettata da ragioni di prudenza, poiché i sondaggi dicono che la maggioranza degli scozzesi voterebbe contro l’indipendenza, forse spinta dalla paura di un ulteriore impoverimento causato dalla separazione da Londra.

Un altro nodo conflittuale sul quale Londra ed Edimburgo si confrontano riguarda la data in cui indire il referendum. Per Salmond, il referendum dovrebbe tenersi nell’ottobre 2014, in modo da disporre del tempo necessario a una deliberazione informata. Cameron, invece, insiste per tenere il referendum il prima possibile, nella convinzione che un’eventuale vittoria del «no» indebolisca la posizione del governo scozzese e rafforzi invece il suo esecutivo. Il terzo nodo riguarda la competenza sul referendum, ossia se spetti al Parlamento di Westminster o a quello di Edimburgo indire e regolamentare la consultazione. Su questo punto si può misurare direttamente quanto la questione sia delicata poiché investe la cessione di sovranità.

Naturalmente la questione politico-costituzionale non esaurisce il dibattito, tanto che in molti si chiedono (e non senza ragione) se una Scozia indipendente possa essere anche autonoma economicamente. Visto dalla prospettiva scozzese il conflitto economico con Londra ruota soprattutto attorno al petrolio del Mare del Nord. Gli scozzesi (in particolare lo Snp) rivendicano la proprietà e il controllo del 90% del petrolio, ma lamentano che l’utilizzo delle scorte e dei giacimenti non sia stato improntato a soddisfare criteri di interesse pubblico per gli scozzesi (soprattutto per le generazioni future). Se ottenesse l'indipendenza, la Scozia potrebbe attuare una gestione del petrolio basata sul modello norvegese, che le permetterebbe di avere introiti coi quali sostenersi. Non si capisce invece se, in caso di separazione, la moneta rimarrebbe la sterlina o se la Scozia potrebbe decidere di fare richiesta di ingresso nell’euro, visto che le posizioni, a Edimburgo, non sembrano univoche. Dunque, tenendo in considerazione questi e altri elementi, la maggioranza degli analisti politici non ritiene probabile che la Scozia possa divenire indipendente nel breve termine.