Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano ha formalmente chiesto al sindaco Pisapia di voler accordare agli avvocati milanesi l’esenzione del pagamento della tariffa di accesso all’Area C, estendendo loro la deroga già riconosciuta ai “giornalisti e ai poligrafici dipendenti di gruppi editoriali con sede operativa” in centro.
La notizia è davvero significativa: in un momento storico-politico in cui è messa radicalmente in discussione l’opportunità di continuare ad assicurare a intere categorie professionali i privilegi che derivano dalla loro organizzazione in corporazioni, l’Ordine di Milano chiede nuovi privilegi completamente ingiustificati. Non conosco le ragioni che hanno indotto la giunta a esentare dalla tariffa alcune categorie professionali (come i giornalisti o i poligrafici), ma certamente gli avvocati devono andare tutte le mattine in Tribunale così come i medici e gli infermieri devono recarsi negli ospedali, gli impiegati comunali negli uffici di Palazzo Marino, i militari e i vigili del fuoco nelle rispettive caserme e i dipendenti delle Asl alle loro scrivanie.
Insomma, sono numerosissimi i milanesi che – al pari degli avvocati – esercitano una professione che ha in tutto o in parte i connotati della funzione pubblica e che debbono recarsi all’interno dell’area C ogni mattina.
Ma non vi  è davvero alcuna plausibile ragione per riconoscere agli avvocati (né del resto a tutti gli altri) l’esonero dal dare il proprio contributo (peraltro modesto) alla riduzione delle emissioni  e alla riuscita di un disegno pubblico di ampio respiro (è il caso di dirlo), quale quello scaturito dal referendum, caparbiamente promosso dalla capacità visionaria del radicale Cappato e dei suoi alleati, e vinto dalla volontà coraggiosa e rinnovatrice della maggioranza della città.
L’iniziativa dell’Ordine degli Avvocati di Milano mi sembra dimostri meglio di ogni altro esempio le ormai incontenibili pulsioni corporative degli ordini professionali e l'assoluta necessità di loro azzeramento, per ripensare completamente ai modi con cui le professioni possono organizzarsi per operare nella società.
Fortunatamente risulta che all’Ordine stiano giungendo da numerosi avvocati aperte critiche verso un’iniziativa che non rappresenta tutti i professionisti e che, se mai fosse accolta dal sindaco, avvocato Pisapia, contribuirebbe ad alimentare l’immagine non propriamente generosa ed egualitaria del ruolo degli avvocati nella nostra società.
Ma c’è da augurarsi che Giuliano Pisapia non conceda ai suoi colleghi il favore richiesto, non solo per salvaguardare l’immagine sua e di tutti gli altri avvocati, ma anche perché la nostra società ha bisogno di tornare a condividere un civico e solidale senso del dovere e di appartenenza (alla società, appunto e non agli Ordini professionali).