L’Albania al voto e l’Europa alla finestra. Il 28 giugno in Albania si terranno le elezioni politiche e per molti osservatori saranno una prova della maturità democratica del Paese. Dal crollo del comunismo ad oggi, lo Stato schipetaro non è stato in grado di soddisfare gli standard politici internazionali,

così queste elezioni assumono una rilevanza particolare soprattutto in prospettiva della sua piena integrazione europea. L´UE, infatti, ha ribadito più volte al governo di Tirana la necessità che le prossime elezioni si svolgano in modo libero e regolare al fine di aumentare le probabilità del Paese di ottenere lo status di candidato. Nel 2006 l’Albania ha firmato l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione con l’UE, ratificato da tutti i paesi membri, mentre il 28 aprile scorso il premier Sali Berisha ha presentato alla presidenza ceca la domanda per ottenere lo status di Paese candidato. Un punto di forza della coalizione guidata da Berisha in queste elezioni è senza dubbio l’ingresso dell’Albania nella Nato il 4 aprile scorso e i grandi progetti infrastrutturali, in primis l’autostrada che collegherà la città costiera di Durazzo con il Kosovo, considerata la più grande opera pubblica mai realizzata nel Paese. Un ruolo importante, in tale ambito, hanno avuto gli investimenti esteri: l’Italia, principale partner economico, ha contribuito in maniera significativa soprattutto in campo energetico.
Berisha è tornato al potere nel 2005, dopo i due mandati del leader del Partito Socialista Fatos Nano, con la promessa di governare con “mani pulite” e di aumentare la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Mentre la coalizione guidata da Berisha dimostrava di voler continuare le riforme per rilanciare il Paese sulla scena internazionale, i socialisti si sono ritrovati a fare i conti con la sconfitta. Nano ha lasciato la leadership del partito a Edi Rama, già sindaco di Tirana, ma vari esponenti si sono allontanati dal PS per formare altri partiti quali il “Movimento socialista per l’integrazione” (LSI) di Ilir Meta, primo ministro dall’ottobre 1999 al febbraio 2000. La sinistra dunque è rimasta divisa a tutto vantaggio del centro-destra guidato da Berisha e come tale corre anche nelle prossime elezioni politiche del 28 giugno.
Sono numerose le novità che caratterizzeranno lo scrutinio: prima di tutto si voterà con una nuova legge elettorale approvata in maniera bipartisan da maggioranza e opposizione circa sei mesi fa: se la vecchia legge era un misto di maggioritario e proporzionale, la nuova normativa prevede un sistema regionale proporzionale. La novità più grande è quindi il numero delle coalizioni (quattro) che tenderanno a emergere dal nuovo quadro politico albanese. Alle classiche coalizioni formate dai socialisti da una parte e dai democratici (PD) dall’altra, si aggiungono il “Polo della libertà” di centro-destra e il “Movimento socialista per l’integrazione” del già menzionato ex premier Meta. Per la prima volta, inoltre, sarà utilizzato il registro elettronico per i votanti, insieme all’altra importante novità riguardante i nuovi documenti con cui si andrà a votare. Oltre al passaporto, infatti, come documento valido di riconoscimento la legge elettorale prevede l’uso della carta d’identità elettronica, che elimina cosi il certificato di nascita cartaceo (più volte soggetto a manipolazioni). Il processo di rilascio dei nuovi documenti d’identità è iniziato a gennaio e secondo fonti del governo finora sono stati consegnati a circa 1,2 milioni di persone (senza non si potrà andare a votare). L’opposizione ha accusato il governo di mancanza di trasparenza nel processo di rilascio delle nuove carte di identità. Il leader dell’opposizione, Rama, ha persino dichiarato che il suo partito potrebbe non riconoscere il risultato delle elezioni qualora anche un solo cittadino rimanesse senza un documento valido per il voto (dichiarazione considerata politicamente irresponsabile dai democratici di Berisha).
I partiti, soprattutto quelli con un minor seguito e maggiormente penalizzati dal nuovo sistema elettorale, hanno lanciato un’accesa campagna iniziata con grande anticipo rispetto all’apertura ufficiale il 29 maggio. E non sono mancati i colpi bassi su ambedue i fronti. L’opposizione accusa il governo di corruzione e clientelismo e la maggioranza accusa la controparte di non poter ambire a governare il paese con un leader come Rama, che non ha avuto neanche il coraggio di candidarsi per non abbandonare l’incarico di sindaco di Tirana. La mancata candidatura potrebbe aumentare lo spaesamento del suo elettorato, soprattutto quello rurale, e questo è un elemento molto sfruttato dai suoi avversari politici. Rama infatti è stato accusato di corruzione e non candidarsi per non perdere l’incarico di sindaco della capitale può esser visto quale ultima chance per la sopravivenza politica in caso di sconfitta nelle elezioni parlamentari. Dopo un lungo periodo di silenzio (quasi due anni) è tornato inoltre a parlare in un’intervista televisiva anche l’ex leader socialista Fatos Nano, che ha lanciato accuse pesanti proprio contro l’attuale leader dell’opposizione, Edi Rama. Considerando Rama come un uomo senza visioni per il futuro e incapace di governare il Paese, Nano lo accusa anche di essere responsabile della divisione della sinistra, mostrando una certa simpatia per la “vecchia guardia” (quelli che Rama ha lasciato in disparte) e spezzando una lancia per il leader dell’altra coalizione di sinistra, Ilir Meta.
Nel frattempo scoppia la guerra dei sondaggi: sono diverse società internazionali tra cui anche l’italiana IPR Marketing, a svolgerli per conto di partiti politici o emittenti televisive. Secondo la società americana Zogbi International il Pd di Berisha è passato nell’ultimo mese in vantaggio con il 38% delle preferenze contro il 36 % del partito socialista di Rama. L’ingresso nella Nato ha rilanciato in qualche modo le preferenze del governo Berisha dopo un anno di scandali e polemiche che hanno coinvolto due ministri del suo gabinetto. Circa il 51% degli interpellati pensa che il Paese sia sulla strada giusta contro il 43% del sondaggio precedente. Nessuno sa ancora chi vincerà le prossime elezioni ma è fondamentale che siano libere, democratiche e in linea con gli standard internazionali. In questo modo a vincere sarà comunque il popolo albanese.