La situazione della “monnezza” a Napoli, dopo quasi due decenni di “emergenza” continua, ha consolidato uno dei più stupefacenti e significativi ossimori che definisce una “normale emergenza”.L’argomentazione della straordinarietà dell’evento, oltre a giustificare anni di inefficienze istituzionali, corruzione politica e consistenti apporti mafiosi, tende a legittimare ogni sorta di intervento fuori dalle regole di un Paese civile e democratico (come l’intervento dell’esercito). Ma ci sono due novità: una riguarda le istituzioni pubbliche e l’altra i cittadini.

Se lo Stato italiano – come è ben riassunto in un titolo di un libro di Sabino Cassese di qualche anno fa – è uno Stato “introvabile”, nello stesso tempo esteso e debole, costoso e inefficiente, oggi nella situazione napoletana mostra in più una disgregazione mai raggiunta prima e una faccia gretta e particolaristica. A questo si è giunti con le lacerazioni nel governo tra Lega e PdL, e all’interno della stessa Lega, i reciproci blocchi e sgambetti e il linguaggio del “padroni a casa nostra” più simile all’atteggiamento “NIMBY” (acronimo inglese per Not In My Back Yard, ossia “Non nel mio cortile”) di molte proteste attuali che non a quello di una forza di governo che dovrebbe avere a cuore gli interessi generali (il che, detto tra parentesi, getta un’ombra cupa sul progetto federalista della Lega).

Ma questi strumenti e linguaggi appaiono consunti e riescono sempre meno a fare breccia su una popolazione incattivita e al limite della sopportazione.È capitato, infatti, che nel cuore del centro storico più visitato di Napoli, i Quartieri Spagnoli, gli abitanti abbiamo rifiutato di “nascondere” nei loro vicoli la spazzatura tolta dalla via dello shopping, via Toledo, che doveva dare una parvenza di “normalità”. È questo l’aspetto simbolico della protesta: gli abitanti hanno distribuito le immondizie ben visibili nel mezzo di via Toledo a formare una striscia continua, con l’intento di mettere in mostra per visitatori e turisti la gravità della situazione e per liberarsi di rifiuti nei vicoli dove non erano più raccolti dall’azienda adibita allo scopo. Il re (lo stato) è nudo, sembra dire questa bizzarra via luccicante di negozi, ma divisa da un cordone di monnezza.

Ma l’aspetto più significativo è un altro: i cittadini del quartiere, ritenuti così irrispettosi di leggi e regole, incivili, hanno generato da sé nuove regole di buon senso, non certo sufficienti a risolvere il problema, ma a limitare il danno sì. La regola tassativa era quella di non buttare i sacchi di immondizia prima delle 20 e di gettarla direttamente nel camioncino dell’Asia, incaricata della raccolta. Come ogni buona norma che funzioni, anche questa doveva essere fatta rispettare. Si sono formate reti di abitanti che da un lato avvertivano l’arrivo del camioncino, utilizzando il tipico grido usato delle massaie per far ritirare i panni stesi all’approssimarsi della pioggia, e dall’altro attuavano controlli e sanzioni sui trasgressori.

Che cosa significa questo episodio, a cui certo non si può attribuire una portata generale? In primo luogo che il cosiddetto spirito civico, che altro non è che il rispetto di regole nell’interesse collettivo, compresa la partecipazione attiva per cambiarle quando non siano più adeguate, non dipende da qualche arcana essenza. Se così fosse non si capirebbe perché gli italiani (e i napoletani massimamente) “incivili” siano diventati di colpo (dopo gli esiti delle amministrative e dei referendum) civilissimi e da dove la tanto conclamata “riscossa dello spirito civico” possa avere tratto alimento.

Sono le istituzioni, i modelli di comportamento dei suoi rappresentanti, che formano e ne sono a loro volta influenzati – in un rapporto circolare – la civicness dei cittadini.

Un segnale positivo in questo senso viene dal neoeletto sindaco di Napoli che ha rifiutato la finzione dello stato di emergenza e promesso ai napoletani, una volta eliminato l’accumulo attuale dei rifiuti, di incanalare la spazzatura nella normalità della raccolta differenziata. Speriamo che ciò avvenga davvero e che non capiti di risentire quella donna che, in un’intervista televisiva, con grande spirito civico, diceva: “mi porto appresso il sacchetto da due ore, ma non vedo cassonetti. Me la riporto a casa la monnezza?”.