Elezioni europee: Francia. La Francia si conferma nazione politicamente inquieta e imprevedibile. Mentre nel corso del Novecento si era assistito al progressivo annacquamento della storica frattura individuata da André Siegfried

tra i partiti del «mouvement» e della «résistence» e alla successiva messa in soffitta della «quadriglia bipolare» di duvergeriana memoria, il voto europeo del 6 e 7 giugno sconfessa quella che appariva ormai come l’ultima certezza dello scenario politico transalpino: il voto sanzione. In Francia le elezioni intermedie (al pari di quelle politiche, se si considera che tra il 1981 e il 2007 ogni maggioranza uscente è stata relegata all’opposizione in occasione delle legislative) rappresentavano storicamente per gli elettori un’occasione imperdibile per punire con severità il governo in carica. L’ultimo a farne le spese era stato proprio Nicolas Sarkozy, in occasione delle amministrative del 2008. Molti osservatori avevano pronosticato che le europee avrebbero costituito una nuova punizione per un presidente in calo di consensi.
E invece l’esito elettorale è stato tanto sorprendente quanto chiaro nella sua definizione di vinti e vincitori. Da un lato sancisce una buona affermazione per l’Ump, che si conferma primo partito con il 27,9% dei voti, e un successo travolgente per la formazione ambientalista Europe Ecologie, guidata da Daniel Cohn-Bendit, che balza al 16,3%. Dall’altro segna una disfatta per il Ps della neo-segretaria Martine Aubry, che sprofonda al 16,5%, e un forte ridimensionamento per i centristi del MoDem di François Bayrou, che ottengono appena l’8,45%.
Per Sarkozy lo scrutinio rappresenta una vera e propria boccata d’ossigeno: non solo è sfuggito alle forche caudine del voto sanzione (come d’altronde la maggior parte dei leader di centro-destra in Europa) ma ha ottenuto il miglior risultato degli ultimi trent’anni per un partito di destra al potere sulla scena transalpina. Il presidente della Repubblica esce indubbiamente rafforzato dalla consultazione e raccoglie i frutti di una strategia elettorale che ha condotto sempre sul davanti della scena: volontarismo europeo, celebrando i successi della sua presidenza dell’Ue; riscoperta dei temi della sicurezza per prosciugare il bacino elettorale della destra; sospensione dei cantieri di riforma per non surriscaldare un contesto sociale in ebollizione; rilancio della strategia dell’apertura rivolta non già verso un Ps allo sbando ma strizzando l’occhio alla galassia ambientalista in ripresa.
Proprio il movimento Europe Ecologie rappresenta la vera sorpresa della consultazione, affermandosi come terza forza del panorama politico francese, ad una manciata di voti dal Ps. Sull’orlo dell’estinzione dopo le presidenziali del 2007 (quando Dominique Voynet aveva raccolto un misero 1,57%), i verdi conoscono una spettacolare resurrezione sotto la guida dell’enfant terrible della politica francese, Daniel Cohn-Bendit, che ha condotto una campagna tutta all’insegna dell’ecologia e dell’europeismo, in un momento in cui l’idea di crescita sostenibile – complice anche l’esperienza di Obama al di là dell’Atlantico - è tornata di moda nell’Ue. Se la trasmissione, a due giorni dal voto (in occasione della giornata mondiale dell’ambiente), del documentario «Home», vero e proprio manifesto per la salvaguardia del pianeta che ha catturato l’attenzione di oltre otto milioni di telespettatori, ha senz’altro contribuito a mettere il vento in poppa alle liste di Europe Ecologie, la scommessa di Cohn-Bendit è ora quella di riuscire a radicare questa formazione nello scacchiere politico francese.
Vittima della porosità tra il proprio elettorato e quello ecologista, il Ps precipita alla percentuale più bassa (16,5%) dal 1994, quando un misero 14,5% aveva costretto il segretario Michel Rocard alle dimissioni. Al termine di una campagna elettorale condotta cavalcando il tema del voto sanzione verso Sarkozy e l’Ump, il Ps si ritrova undici punti dietro il partito presidenziale. Ad essere sanzionato è stato paradossalmente proprio il voto sanzione. Ironia della sorte, il rapporto di forza tra i due principali partiti francesi si è completamente capovolto rispetto alle europee del 2004, che avevano visto il Ps raccogliere il 28,9% dei voti, contro il 16,6% dell’Ump. Ad appena sei mesi dall’investitura del nuovo segretario il Ps si ritrova così nel mezzo dell’ennesima crisi politica. In rue Solférino la parola d’ordine, all’indomani di ogni batosta, è quella di «rinnovamento», ma le stigmate mai rimarginate del congresso di Reims e della guerra intestina tra Martine Aubry e Segolène Royal rendono poco verosimili le possibilità di rilancio di un partito che ha perso non solo la credibilità per governare il paese ma anche i numeri per pretendere di rappresentare la forza cardine attorno alla quale riorganizzare l’opposizione.
L’altro grande sconfitto del voto è François Bayrou: aveva scommesso sull’antisarkozysmo e paga invece la volontà dei francesi di non sanzionare il presidente nel pieno della crisi. Il leader centrista, all’indomani delle elezioni, ha perso quasi tutto: il terzo posto che gli promettevano i sondaggi; la rendita di posizione dettata dall’essere il naturale parcheggio per gli scontenti del Ps; buona parte delle ambizioni per le presidenziali del 2012.
L’esito delle europee trasforma sostanzialmente il panorama politico francese e obbliga ambedue i campi a fare i conti con la spinosa questione delle alleanze. A destra l’Ump è un padrone troppo incontrastato. Il partito del presidente regna sul deserto: se Sarkozy ha raggiunto l’obiettivo di contenere l’elettorato del Front National (6,34%) e quello sovranista (4,8%) si ritrova senza alleati in vista del voto regionale del 2010 (che si svolgerà a doppio turno). A sinistra il Ps, in piena crisi di identità, dovrà gestire le spinte contrastanti tra chi suggerisce un’alleanza con la sinistra radicale (il Front de gauche di Jean-Luc Mélénchon ha superato brillantemente il battesimo del fuoco elettorale con il 6% e anche il Nuovo Partito Anticapitalista di Olivier Besancenot è in buona salute con il 4,9%) e coloro che, invece, puntano al compromesso con un malconcio MoDem. Mentre il Ps si ritrova per l’ennesima volta a interrogarsi su quale sia il socialismo possibile del ventunesimo secolo e Nicolas Sarkozy si scopre sorprendentemente in buona posizione per avviare la seconda parte del quinquennato, la spettacolare affermazione delle liste di Europe Ecologie obbliga i principali partiti a rivedere le proprie strategie e a rispolverare tematiche come l’ambientalismo e l’europeismo che parevano sino a qualche tempo fa passate di moda. Il ritorno in auge dell’ideale europeo rappresenta uno dei più significativi dati politici emersi dal voto del 6 e 7 giugno, se non l’ultima manifestazione dell’eccezionalismo francese sulla scena di un’Ue sempre più euro-scettica.