Che cos’è un matrimonio forzato? È diverso da un matrimonio combinato? La domanda riguarda tutte le diverse sfumature filosofiche che si possono dare alle nozioni di consenso e costrizione. Ma dal punto di vista dell’azione pubblica possiamo considerarli sovrapponibili, equivalenti?

In documenti sovranazionali questo talvolta accade: in un rapporto del Consiglio d’Europa (Forced Marriages in Council of Europe Member States, Strasburgo 2005) si fanno rientrare i matrimoni di comodo sotto l’etichetta di matrimoni forzati. Lo stesso avviene in un passaggio, che mette sullo stesso piano i “matrimoni forzati o concordati” (arranged in inglese, solitamente tradotto con “combinati”), dell’art. 11della Risoluzione del Parlamento Europeo sull'immigrazione femminile (2006/2010(INI)) che parla della protezione da situazioni di violenza. 

L’imposizione di un matrimonio riguarda in verità sia i ragazzi che le ragazze, ma vi è una frequenza molto maggiore dell’imposizione delle nozze a soggetti femminili: le figlie femmine sono sottoposte praticamente ovunque a un controllo molto più forte rispetto ai maschi. Inoltre il ruolo sociale del marito, come dice la ricerca sociologica sulla famiglia, non è proprio speculare a quello della moglie.

Anche una ricerca empirica sul tema dei matrimoni forzati, da me svolta in Emilia-Romagna nel 2009 in collaborazione con Trama di Terre (in corso di pubblicazione), ha rilevato opinioni diverse al riguardo, sia tra gli intervistati che in letteratura. La nostra conclusione è stata che l’identificazione di combinato con forzato è una posizione insostenibile non solo scientificamente, ma anche dal punto di vista dell’azione pubblica – cosa che rappresenta l’obiettivo dei citati testi sovranazionali europei, che auspicano un intervento dei pubblici poteri per sottrarre le potenziali vittime all’imposizione. Ma ragioni giuridiche e pratiche contrastano con tale identificazione ai fini dell’azione pubblica.

Il consenso di una maggiorenne al matrimonio rimane tale anche se frutto di quella zona grigia tra tradizione sociale e ricatto emotivo famigliare che rende accettabile una proposta, o scelta, altrui.

E ai fini dell’azione pubblica è una violenza dal punto di vista psicologico ciò che è soggettivamente percepito come tale, altrimenti (e qui siamo alle ragioni pratiche), secondo la metodologia sviluppata dai Centri antiviolenza delle donne contro la violenza maschile, l’intervento dall’esterno è inutile. Il confine tra matrimonio combinato, accettato, e matrimonio forzato deve essere tracciato dalla stessa persona che si rende conto di aver subito un’imposizione o viceversa accetta la proposta di matrimonio fatta dai genitori. Il dibattito culturale intorno a questa zona grigia del “rendersi conto” naturalmente rimane lecito ed auspicabile, tenendo conto però che non vi sono necessariamente conseguenze negative sulla vita delle persone che si sposano in questo modo. Anzi, molti abitanti dei paesi dove il matrimonio combinato è costume (solitamente in zone e strati sociali particolari: solitamente questa pratica è appannaggio delle aree rurali e degli strati sociali più bassi – o più alti in assoluto, come il caso di Clotilde di Savoia, per citare un esempio storico italiano) vi attribuiscono addirittura qualità superiori rispetto ai matrimoni per amore.

Sembra opportuno mantenere la distinzione anche per agire con gradualità nei confronti della presenza nel nostro paese di immigrati di culture diverse che praticano il matrimonio combinato: sottolineare culturalmente l’importanza della scelta delle figlie e dei figli porta naturalmente a mettere in questione anche il matrimonio combinato, però in modo implicito e senza contrapposizioni frontali – quindi con un risultato prevedibilmente migliore.

Possiamo anche esprimere una facile previsione: i matrimoni combinati per i giovani figli di immigrati che vivono in Italia si trasformeranno sempre più in matrimoni imposti: saranno sempre più rifiutati dai ragazzi nati o cresciuti nel nostro paese e quindi probabilmente acculturati a una visione dei rapporti sentimentali che non prevede l’ingerenza dei genitori.

Il problema principale al momento attuale rimane quello di potenziare la capacità di risposta delle istituzioni pubbliche e del privato sociale ai casi a rischio, nonché rendere consapevoli del problema e delle possibili soluzioni gli operatori sociosanitari e culturali a contatto con potenziali vittime di un matrimonio forzato.