Chi di taglio ferisce.... Uno spettro si aggira per gli Stati Uniti: lo spettro dei tagli alla spesa sanitaria federale per gli anziani. Lo scorso 24 maggio, nelle elezioni suppletive per il rinnovo di un seggio della Camera dei Rappresentanti rimasto vacante, la candidata democratica Kathy Hochul ha strappato alla destra il ventiseiesimo distretto elettorale di New York, uno dei più conservatori dello Stato, vinto nel 2008 da John McCain e lo scorso novembre dal candidato repubblicano con oltre il 70% dei consensi. Non ci sarebbe nulla di straordinario, forse, se l’intera campagna elettorale non fosse ruotata intorno alla proposta di bilancio 2012 approvata dalla Camera dei Rappresentanti a metà aprile, che prevede consistenti tagli ai programmi sanitari federali. Elaborato da Paul Ryan, il rampante deputato del Wisconsin che dalle ultime elezioni di midterm guida la Commissione bilancio, il piano repubblicano prevede una riduzione della spesa federale di 5.000 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, da ottenere con risparmi provenienti soprattutto dalla sanità. La proposta interviene infatti radicalmente su Medicare e Medicaid: la prima, oggi un’assicurazione pubblica che finanzia le spese ospedaliere e ambulatoriali per tutte le persone che hanno raggiunto il sessantacinquesimo anno di età, verrebbe sostituita da un sistema di voucher federali destinati all’acquisto delle polizze private. Medicaid, l’assicurazione sanitaria per gli indigenti, non sarebbe più co-finanziata dal governo federale e dagli Stati in proporzione al bisogno – cioè al numero di persone che si trovano al di sotto di una certa soglia di reddito – ma sulla base di trasferimenti fissi del governo centrale, lasciando agli Stati la libertà di decidere quali servizi erogare e a quali beneficiari.

Secondo le stime del Congressional Budget Office, se il piano di Ryan diventasse legge, nel 2030 i voucher sarebbero in grado di coprire solo il 30% delle spese sanitarie sostenute dagli anziani. Per quanto riguarda poi Medicaid, il finanziamento federale sarebbe ridotto del 44%. Nel complesso, quindi, per diverse decine di milioni di persone accedere all’assicurazione sanitaria diventerebbe molto più difficile. Che l’idea di riformare così radicalmente le due assicurazioni non fosse popolare è apparso chiaro fin dall’inizio, quando i sondaggi hanno messo in luce ampie maggioranze (sempre intorno al 60%) contrarie ai tagli. L’opposizione non coinvolge solo l’elettorato democratico: soprattutto Medicare, nei 45 anni della sua esistenza, è diventato una componente essenziale del sistema di sicurezza sociale, un pilastro dello stile di vita delle classi medie, compresi i lavoratori bianchi e i pensionati che, in molti Stati, costituiscono parte della base del Partito Repubblicano.

Per queste ragioni, Obama e la leadership democratica hanno colto la palla al balzo: il presidente ha ribadito che non “c’è niente di coraggioso nel chiedere un sacrificio a chi meno se lo può permettere” e “nulla di serio in un piano che vuole ridurre il deficit spendendo mille miliardi di dollari in tagli fiscali per milionari e miliardari” (Ryan propone infatti di riportare l’aliquota massima ai livelli del 1931). I democratici hanno così deciso di trasformare ogni appuntamento elettorale in un referendum sulla paventata riforma di Medicare e Medicaid. Dopo il successo raccolto dalla Hochul, c’è da scommettere che il tema sarà al centro del dibattito dell’anno a venire, che porterà alle elezioni del 2012. I repubblicani, Ryan in testa, denunciano l’uso demagogico e distorto della riforma, e parlano già di “Mediscare”; d’altra parte, le parole di Nancy Pelosi sembrano dimostrare la volontà democratica di procedere su questa strada: “le tre questioni più rilevanti delle quali dovremmo parlare sono Medicare, Medicare e Medicare”.

Per assestare ai rivali il colpo di grazia, il 25 maggio, meno di ventiquattrore dopo la vittoria nello Stato di New York, la maggioranza democratica al Senato ha chiesto che la proposta di bilancio licenziata dalla Camera a metà aprile fosse messa ai voti. Il progetto è stato respinto con i voti del gruppo democratico, al quale si sono aggiunti anche alcuni senatori repubblicani moderati. In poche settimane, il vento conservatore che soffiava dopo le elezioni di midterm sembra essersi placato e, per la prima volta dopo molto tempo, non sono i repubblicani a definire i termini del dibattito pubblico. Per i democratici sembra tornare l’ottimismo, e la vittoria della Hochul è interpretata come il segno della svolta, un po’ come fu per i repubblicani il successo di Scott Brown nel Massachusetts nel gennaio 2010. I commentatori più accorti, tuttavia, sottolineano che anche i democratici, prima o poi, dovranno occuparsi del deficit federale.