Le cronache sono piene di interventi del ministro Tremonti; sempre in primo piano: per l’autorevolezza della fonte, per l’acume del personaggio, per l’importanza dei temi trattati, per lo stile, molto forte, con cui spesso si esprime. Seguirli e commentarli non è facile. Perché il ministro cambia spesso opinione. Non che ci sia nulla di male, naturalmente; l’attualità offre occasioni per rivedere le proprie posizioni. Ma certamente colpiscono i mutamenti repentini, di visione e di impostazione di Tremonti su molte grande questioni, dall’Europa all’intervento pubblico nell’economia. E perché spesso il ministro si esprime più come un osservatore esterno, un libero pensatore, che come un membro dell’esecutivo. E quindi ci si chiede sempre se si debba commentare ciò che il ministro dice, indipendentemente dal suo ruolo; oppure se si debba sottolineare che parla quasi sempre come se non fosse, e non fosse mai stato, il ministro dell’Economia. È curioso sentirlo sempre argomentare intorno a tutto ciò che non va in Italia e a tutto ciò che occorre fare, senza dedicare spesso neanche una riflessione al perchè ciò non si sia finora fatto. Negli ultimi tempi, il ministro è ossessivamente occupato ad esternare la sua posizione sul Mezzogiorno. O, meglio, a offrirci una interpretazione della crisi italiana che suona più o meno così: se l’economia italiana non va bene, è perchè il Sud va indietro e frena l’intero Paese. E se il Sud va indietro è perché gli amministratori meridionali sono dei cialtroni e non spendono i fondi europei che hanno a disposizione. Siamo certi che a una parte dell’opinione pubblica nazionale questa argomentazione suoni ragionevole e verosimile.

Ma, purtroppo per il ministro, la sua tesi non trova molto conforto nei numeri e nei fatti. L’Italia è da tempo il grande Paese europeo che cresce meno; lo era prima della crisi; lo è oggi. I numeri per dimostrarlo sono ampiamente disponibili nei documenti della Banca d’Italia, del Centro Studi Confindustria, delle organizzazioni internazionali. Ciò è sintomo, purtroppo, di rilevanti problemi di competitività del nostro Paese, che hanno radici profonde e lontane. Prova ne è che il passo di crescita tanto del Nord quanto del Sud è lo stesso: da formichina; anzi addirittura il Sud fa un pochino meglio. Il Nord è l’area più ricca d’Europa, come sottolinea sempre Tremonti? Purtroppo è sempre meno vero, e, soprattutto, che c’entra? Non vorremmo che il ministro confondesse – come certamente non è, anche perché sarebbe grave – stock e flussi, livelli e dinamiche. Nessuno nega che il Nord sia ricco (livello del reddito). Il problema è che il reddito non cresce quasi per niente. Dire che è colpa del Sud, forse fa ignorare un po’ qualche problemino di fondo dell’economia italiana.

Il Sud non va certo bene. Ma è sicuro il ministro di non avergli dato lui una bella mano, ad andare male? L’aver dirottato ad altri usi, prevalentemente di spesa corrente, 35 miliardi di euro destinati allo sviluppo del Sud, in tempi di crisi non è sembrata una grande politica per favorirne la crescita. Le regioni non spendono i fondi europei? In parte è vero. Ma lo stesso accade anche per i ministeri, e ancor più per Anas e Ferrovie. Quei 35 miliardi erano proprio fondi delle amministrazioni centrali, non delle Regioni. Il ministro avrebbe potuto mostrarci le capacità del governo del “fare”, magari completando l’eterna Salerno – Reggio Calabria, o facendo qualche intervento sulle scuole o sulle ferrovie. Dire che tutto ciò accade perché i meridionali sono cialtroni forse fa ignorare un po’ qualche problemino di fondo di tutta l’amministrazione italiana, e di un Paese che le infrastrutture proprio non riesce a farle velocemente e bene.

Ma forse ha ragione il ministro. Basta annoiare gli italiani con fatti e numeri! Un po’ di creatività lessicale e si sta sempre in prima pagina. E la nave va.