Una video-intervista a Luigi Pedrazzi che compendia un ricco materiale registrato in vari appuntamenti fra il 2016 e il 2017. Ne emerge uno spaccato di quella singolare miscela di intelligenza, ironia, apertura al nuovo, generosità personale senza calcolo, che lo hanno reso per chi ha avuto la fortuna di incontrarlo un amico e un fratello maggiore.
Martin Luther King fu ucciso da un proiettile alla testa il 4 aprile di cinquant’anni fa a Memphis, dove si trovava per partecipare a una campagna in favore dei netturbini della città. Lo si ricorda in queste settimane in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti di Trump, uno dei presidenti più polarizzanti sulle questioni razziali del passato recente.
Tanto per cominciare, chiediamoci se sia possibile parlare del Sessantotto, del suo mito e di quello che ci ha lasciato in eredità evitando di cadere sia nelle nostalgie romanticheggianti del reducismo sia nell’avanguardismo postumo che giudica arretrato e poco significativo tutto ciò che è successo prima.
Nei giorni scorsi la polemica intorno a una mostra inaugurata presso le Nazioni Unite intitolata “Jasenovac – il diritto a non dimenticare”, dedicata al campo di concentramento di Jasenovac, ha riportato sulla scena politica le vicende di un passato terribile e controverso, che ancora divide le due ex Repubbliche jugoslave.
L’annientamento degli ebrei d’Europa da parte nazista fu, per molti aspetti, anche un affare economico. In Germania, l’esproprio delle loro case garantì il ricollocamento di diversi cittadini tedeschi, i loro posti di lavoro vennero occupati da altri, le loro aziende furono statalizzate o vendute al miglior offerente.