Nel giugno del 1984, un alunno italiano di nome Matteo realizzava, presso una scuola privata italiana nel Canton Zurigo, un tema valido per il conseguimento della licenza media. Tra i titoli proposti dalla commissione esaminatrice inviata dal ministero della Pubblica istruzione, Matteo scelse quello di fantasia
Oggi è il Giorno del Ricordo. Ci sarebbero tante cose da dire. Ma so che, proprio in questo momento, qualche corteo di estrema destra starà salutando i morti delle foibe col saluto romano. So anche che, forse già stanotte, qualche ragazzo sarà andato a spaccare le lapidi per gli infoibati e ci avrà disegnato sopra una falce e martello prima di scrivere: “Morte ai fasci”. So che ci sono buone probabilità che qualche politico dica qualcosa che farà arrabbiare altri politici oltre confine.
Caro professore,
se l’essere nella Gioia, come spero, le consente di ricevere qualche lettera senza che la Gioia sia interrotta dalla noia di leggerla, lasci pure che questa mia si depositi come foglia, soffio, ombra, umana illusione, fiato di voce o scintillio d’inchiostro là dove i più fra noi, tardi di mente e innamorati del visibile, stoltamente dimorano: nel Cerchio dell’Apparenza.
Il 9 dicembre sono state collocate nella pavimentazione attorno alla fontana dell’omonima piazza di Milano diciotto formelle, o meglio diciassette più una. Ricordano le vittime di quella prima strage, che segnò l’inizio della cosiddetta “strategia della tensione”. Il “giorno dell’innocenza perduta” di cui domani ricorrono i cinquant’anni. Di ognuno di quei diciassette uomini si può leggere il nome, l’età, la professione: agricoltori, commercianti, periti agrari, amministratori di fondi… il ritratto di un’Italia che sembra lontanissima, più primo che secondo Novecento, tanto da rendere ancora più distante la percezione di quanto avvenne quel pomeriggio del 1969.
Ci sono ricordi che restano lì, in quelli che Agostino chiamava i palazzi della memoria, ma che per alcuni di noi sono piuttosto sterpaglie e boschi strani, con improvvisi agglomerati di città e di stelle, di volti e frasi e luci, e lame che affondano nel cuore, spietate e repentine. Ci sono ricordi che fanno da segnavia in questo caos da cui ogni mattino rigermoglia il mondo, e stanno lì come a indicare il sentiero semicancellato della nostra vita, le sue svolte, le salite, i détours, i luoghi di sosta. È da uno di quelli che vorrei partire.