L’iscrizione "Arbeit Macht Frei" (il lavoro rende liberi), che
campeggiava sull’ingresso del campo di sterminio nazista di
Auschwitz è stata rubata da sconosciuti. Vandalismo? Profanazione?
Furto per collezione?
Quando i sovietici liberarono il campo, prestarono soccorso ai
sopravvissuti, ma nei giorni successivi sentirono la necessità di
realizzare un falso documentario nel quale, proprio sotto la
scritta "Arbeit Macht Frei" i prigionieri inneggiavano all’Unione
Sovietica sventolando bandierine rosse.
L’arte racconta la vita meglio dei documenti: chi l’ha detto,
potrebbe essere stato Hegel, aveva ragione. Oggi più che mai, a me
pare, le rappresentazioni di tipo artistico dei fatti (e dei mali)
del mondo dicono molto di più di quanto riesca a fare la ricerca,
sempre più specialistica, sempre più di nicchia.
A rischio di destare una sommossa tra i miei amici storici, credo
di poter dire che la narrazione delle vicende che hanno segnato gli
ultimi cent’anni non faccia eccezione.
Anna Maria fa la maestra, Carlo è perito meccanico. Il loro Luca ha sei anni. Sono una bella famiglia felice. Del Nord, di Como. Il primo agosto partono finalmente per le vacanze. Da Tavernola, una frazione affacciata sul lago. Mentre una lunga fila di auto da Milano cerca di raggiungere i posti dove loro tre erano nati e dove vivevano (famiglie che vogliono un po’ di fresco: uno, due, tre giorni, qualcuno tutto il mese), loro se ne vanno al Sud.