L'insurrezione democratica che attraversa il mondo arabo non è che all’inizio e, come tutti i grandi rivolgimenti storici, conoscerà sconfitte, battute d’arresto, tradimenti e rotture. Non ci sarà un effetto domino tra movimenti che sono profondamente radicati nel proprio contesto specifico.
Il cavallo sfrenato che sta nel simbolo di Storia Patria potrebbe esser giunto alla fine della sua corsa. Il centocinquantesimo anniversario dell’unità nazionale rischia infatti di portarsi via una delle più importanti eredità intellettuali che il processo di creazione dello Stato italiano ha lasciato a Napoli: dopo quasi centoquarant’anni di servizio, la Società Napoletana di Storia Patria sta per fare bancarotta.
Il Giorno della Memoria si celebra attualmente in tutti i 27 Paesi dell’Unione europea (non ovunque nella stessa data). Una "ricorrenza" la cui celebrazione periodica contiene in sé molto potenziali controindicazioni. Perché ogni parola di più contiene in sé il rischio di essere anche una parola di troppo.
La memoria oggi, nell’epoca digitale (come chiamiamo in sintesi i cambiamenti nella comunicazione, nell’informazione, nell’intrattenimento e nella produzione culturale che hanno a che vedere con la rivoluzione in corso), è in pericolo? Ci sono rischi di perdita di memoria, anche di memoria storica, propria oggi che siamo dominati da una sorta di senso di onnipotenza, dovuto alla capità di archiviare enormi quantità di dati digitali?
A giudicare dalle inopportune e non infrequenti uscite pubbliche di alcuni, che ricoprono importanti cariche istituzionali, la memoria, e la storia, sono sovente sottoposte nel nostro Paese a un uso (sovente un abuso) politico. Si cerca cioè di veicolare attraverso azioni polemiche una memoria e una storia lontane dai fatti e dalle ricostruzioni storiografiche. Se questo accade in molti ambiti, va sottolineato che eventi traumatici e tragici come le stragi avvenute in Italia negli anni Settanta e Ottanta sono fra quelli più sottoposti a questo uso politico.