Alla fine del secolo scorso il multiculturalismo sembrava rappresentare una delle linee guida per la regolazione della politica e della vita sociale nel mondo occidentale. We Are All Multiculturalists Now intitolava un fortunato saggio di Nathan Glazer del 1997 che sottolineava la vittoria del pensiero e delle politiche multiculturalicome diffusa condivisione della necessità di attenzione verso le minoranze e di riconoscimento dei loro valori e delle loro tradizioni. Con l’inizio del nuovo millennio la reputazione del multiculturalismo cambia rapidamente. A partire dagli attentati dell’11 settembre 2001, per arrivare agli attentati odierni, all’ascesa dell’Isis, ai continui sbarchi di immigrati e rifugiati sulle nostre coste, tutto ciò ha contribuito a rimettere in discussione in modo radicale le basi logiche e morali di una politica multiculturale.
Una delle critiche più significative è l’accusa di aver contribuito a trasformare le differenze in diversità, cioè di aver reso le specificità e le plurali forme di esperienza e di pensiero che caratterizzano ogni collettività umana delle distinzioni assolute, monolitiche e immutabili.
L’ideale di rispetto e di riconoscimento delle differenze si è tramutato in un normativismo affrettato che porta a congelare le differenze di gruppo. Una visione reificata della differenza, della cultura e dell’identità trasforma questi costrutti sociali in oggetti finiti, entità stabili, qualcosa che si possiede, che è necessario custodire da contaminazioni in modo che non si deteriori modificandosi.