La crisi della sinistra riformista italiana sancita dalle elezioni del 4 marzo è storica perché ha una storia che viene da lontano, di cui il Partito democratico attuale è solo l'ultimo stadio.
Con l’attenzione dei media tutta concentrata sulle trattative che il Movimento 5 Stelle sta conducendo con Lega per la formazione del governo nazionale, sono passati inosservati, o quasi, due episodi locali che hanno interessato il partito guidato da Luigi Di Maio.
È naturale che, dopo essersi presentati alle elezioni con programmi diversi, due partiti intenzionati a dar vita a una maggioranza parlamentare concordino fra loro i punti di un’intesa politica. Nella storia della Repubblica, la si è sempre chiamata “accordo di coalizione”.
Mi chiedo se è questo il modo in cui muore una democrazia. Da qualche ora sappiamo che la Lega e il M5S hanno finalmente raggiunto un accordo sul nome del presidente del Consiglio del governo di coalizione che sarebbero in procinto di formare. Si tratta di Giuseppe Conte
Se il governo tra Movimento 5 Stelle e Lega vedrà la luce, e al momento non è affatto certo, sarà il primo in un Paese fondatore dell’Ue composto esclusivamente da forze populiste. Quali sono le chance che un simile governo possa avere successo, consolidando sia la propria presa sull’elettorato sia traducendo in pratica le generose promesse avanzate in campagna elettorale?