Il recente “scandalo” delle pressioni che correnti giudiziarie ed esponenti di partiti politici avrebbero esercitato sulla nomina dei procuratori di Roma e di altre città non ha fatto che confermare molto di quanto già si sospettava, almeno fra agli addetti ai lavori. Semmai, ha sorpreso l’allargamento dell’attenzione del “circo mediatico-giudiziario” a magistrati di grande rilievo: nel corso dell’indagine, infatti, ex-presidenti dell’Associazione nazionale magistrati, componenti del Csm e addirittura un altissimo magistrato della Corte di cassazione sono stati sottoposti ad intercettazioni particolarmente invasive.
Nella letteratura specialistica la spiegazione più accreditata del successo populista è quella economicista. E chiama in causa i modernisation losers, o i left behind. I quali, per una prima variante, non sono in grado di adattarsi, per loro carenze culturali, al cambiamento imposto dallo sviluppo tecnologico. Che ha preteso un radicale aggiornamento del capitalismo, in ragione del quale gli individui devono mobilitare le loro capacità personali e smetterla di contare sulle dispendiose sicurezze offerte dallo Stato.
Le politiche migratorie sono sempre il frutto di un equilibrio precario tra logiche politiche e modelli di governance in parte divergenti. Un equilibrio che in periodi di crisi viene fatalmente messo in discussione. Negli ultimi decenni, il crescente desiderio di porre un argine alla mobilità umana si è scontrato con la necessità di mantenere aperti i confini.
Il nostro è un Paese giovane, ma con un futuro denso di incertezze. Un Paese segnato sin dalla sua nascita da una significativa distanza non solo geografica ma anche culturale fra le sue regioni; e che nel suo processo di sviluppo ha visto consolidarsi forti disuguaglianze economiche territoriali. Un Paese con una significativa debolezza dei suoi apparati centrali di governo
I moderni sistemi fiscali esercitano un’influenza molto rilevante sulle economie e sulla vita dei cittadini di tutti i Paesi, soprattutto di quelli più sviluppati. La vita associata (nelle città antiche, e successivamente in Stati, confederazioni, federazioni, organizzazioni sovranazionali) richiede inevitabilmente responsabilità e finanziamenti comuni per la gestione di molteplici attività di interesse collettivo,