“Sono assolutamente contraria alla richiesta di contributi alle famiglie, va evitata questa prassi un po’ lamentosa e in pochi casi giustificata”. Così il ministro Gelmini in un’intervista a “Il Messaggero” del 24 marzo. E ancora “Viene però da chiedersi come mai, a fronte di risorse limitate per tutti, alcune scuole chiedono il contributo volontario alle famiglie e altre no. Qui entra in gioco la capacità gestionale dei dirigenti”.

Forse si può aiutare il ministro a rispondere alla domanda che si pone, sulla base dell’esperienza sul campo di un genitore, presidente di consiglio d’istituto. Già, perché sebbene nell’intervista gli strali del ministro siano rivolti a dirigenti scolastici e tra le linee (“scuola autoreferenziale, burocratica e quantitativa [??]”) al personale scolastico, le  famiglie non sono mai evocate. Eppure, i contributi “volontari” richiesti da diversi anni in larga parte delle scuole al momento dell’iscrizione dei figli per finanziare l’ampliamento dell’offerta formativa (laboratori, attrezzature scolastiche, attività extracurriculari per tutti gli studenti) rispetto ai livelli essenziali garantiti dallo Stato sono deliberati dai genitori. Questi, attraverso i loro rappresentanti nel consiglio di istituto (se scuole secondarie) o di circolo (se elementari e medie) approvano il piano dell’offerta formativa annuale comprensivo di ampliamenti rispetto ai livelli essenziali garantiti dallo Stato, e contestualmente la richiesta dei contributi e il loro ammontare. Non dovrebbe forse essere sorprendente che la distribuzione geografica dei contributi volontari tra le diverse zone d’Italia si sovrapponga con quella degli esiti dei test degli studenti spesso evocati dal ministro.
La dimensione dei contributi volontari ha raggiunto livelli relativamente elevati, anche superiori ai cento euro nelle scuole secondarie, con valori più contenuti ma sempre significativi nelle scuole elementari e medie, finendo per rappresentare una componente stabile tra le entrate di bilancio degli istituti e, soprattutto, prevedibile quanto ai tempi di incasso. La loro rilevanza per il funzionamento delle scuole ha avuto una legittimazione con la legge 40/2007 di conversione del decreto “Bersani”, che ne ha previsto la detraibilità perché rientrano nelle “erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa”.
Supponiamo (se non altro per esercizio retorico) che la qualifica di “lamentosa” per la richiesta dei contributi volontari sia accettabile: ne segue che i rappresentanti dei genitori che li approvano dovrebbero essere facilmente turlupinabili nonostante si stia “mettendo le mani nelle loro tasche”, per usare uno degli slogan della maggioranza al governo. Ora, delle due l’una: o la valutazione delle capacità decisionali e di assunzione di responsabilità dei genitori da parte del ministro è tale da doverla indurre da subito a modificare quanto si legge sul sito del ministero (“la partecipazione al progetto scolastico da parte dei genitori è un contributo fondamentale”) oppure la percezione della realtà del funzionamento delle scuole è, consapevolmente o meno, carente e si ricorre ad artifici retorici per occultarla.

L’esperienza sull’approvazione dei bilanci delle scuole commesse al piano dell’offerta formativa per il 2010 appena conclusasi nei consigli d’istituto sembra far propendere per la seconda alternativa. D’altra parte. due ulteriori pezze d’appoggio ci vengono fornite dallo stesso ministro. La prima quando, esprimendo la contrarietà alla richiesta di contributi promette per il prossimo anno 10 milioni di euro in più per il funzionamento della scuola pubblica, ovvero, all’incirca mille euro per singolo istituto scolastico, a fronte di entrate in molte scuole superiori per decine di migliaia di euro tramite i contributi; la seconda quando omette del tutto la questione dei crediti vantati dalle scuole per aver anticipato con la propria cassa, compresi quindi i contributi dei genitori, spese di competenza del ministero, arrivando nel complesso a superare il miliardo di euro. Un aspetto questo, a proposito di lamentele, che forse qualche protesta potrebbe pure destarla.

[Su questi stessi temi, l'Autore ha in preparazione un articolo per il numero 2/2010 del "Mulino"]