La minaccia nucleare di Kim Jong Un  Negli ultimi mesi, in particolare da quando Donald Trump è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, la «questione nordcoreana» ha subito un netto peggioramento. La Corea del Nord ha dato vita a uno sfoggio muscolare condito di test nucleari e lanci di missili di varia gittata, che fanno temere che ben presto il regime possa essere in grado di montare una testata nucleare miniaturizzata su un vettore a lungo raggio, dotandosi, quindi, degli strumenti utili a esercitare una minaccia concreta anche su territori molto lontani. In un frangente così convulso, sarebbe appropriato sgombrare il campo da alcuni assunti che normalmente contribuiscono a una difficile comprensione degli atteggiamenti del regime guidato da Kim Jong Un.

In primo luogo, la convinzione in base alla quale le mosse di Pyongyang deriverebbero da un’intrinseca follia o irrazionalità dei singoli membri è palesemente falsa: la Corea del Nord è, di base, un Paese costretto a fare i conti con una condizione di profonda insicurezza, che viene compensata dall’immagine proiettata all’esterno di assoluta prontezza a un eventuale conflitto, nella speranza di intimidire e confondere gli «avversari». In secondo luogo, il regime, preoccupato per la sua stessa sopravvivenza, non è incline a smantellare preventivamente i suoi programmi nucleari e missilistici, neanche se ciò dovesse essere il primo passo per costruire migliori condizioni economiche a favore della popolazione nordcoreana. In aggiunta, nonostante le dichiarazioni dell’amministrazione americana, le opzioni militari «sul tavolo» non sembrano essere di facile attuazione, a meno di voler gettare l’intera area nordorientale del continente asiatico in una situazione di instabilità e caos. Affidarsi ai cinesi, sperando che essi risolvano la questione nordcoreana, infine, sembra un’ipotesi poco percorribile, dato che Pechino nutre un forte timore – per svariate ragioni – verso la possibilità che il regime nordcoreano collassi. Di conseguenza, gli statunitensi e i loro alleati regionali – Corea del Sud e Giappone – dovrebbero focalizzare l’attenzione sulla via migliore per allentare la tensione e convivere con la Corea del Nord.

«Noi vogliamo un mondo in cui ci siano Paesi che cooperano tra loro. E non possiamo avere un piccolo pazzo che spara missili sugli altri». Le parole pronunciate dal presidente americano Donald Trump durante un comizio tenutosi ad Huntsville, in Alabama, il 22 settembre 2017, ben illustrano l’opinione che molti, nel mondo, hanno del leader nordcoreano Kim Jong Un e, di riflesso, del regime nordcoreano.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 5/17, pp. 866-875, è acquistabile qui]