Primarie in the Sky without diamonds. Chi si aspettava colpi di scena, assi nella manica o, anche semplicemente, una performance memorabile da parte di uno dei candidati sarà rimasto deluso dal tanto atteso dibattito tra i candidati alle primarie del centrosinistra. Nel complesso, però, lo spettacolo non ha annoiato e ha tenuto un certo ritmo, benché, forse anche a causa del numero alto dei candidati (ben cinque), il confronto sia stato un po’ dispersivo e di rado davvero incisivo. Certo, i dibattiti presidenziali americani tra due soli candidati che sono ormai anche a noi familiari sono altra cosa; tuttavia, dobbiamo tener conto che questo, essendo un dibattito alle elezioni primarie, non poteva avvicinarsi più di tanto a quel modello. E, comunque, gli alti ascolti televisivi hanno premiato l’iniziativa, confermando così la ben nota teoria che laddove c’è una horse race, ovvero una gara aperta e combattuta tra candidati, aumenta l’interesse per la politica tra i cittadini.

I dibattiti televisivi hanno tre scopi principali: dare ai propri simpatizzanti la conferma della bontà della loro decisione; riuscire a esporre almeno alcune pillole del programma; attirare dalla propria parte gli spettatori indecisi. Proprio perché di solito gli indecisi sono pochi rispetto alla maggioranza che ha un orientamento preciso, si ritiene che i dibattiti non abbiano grande impatto né sui sondaggi né sull’esito elettorale. A meno che, come è successo quest’anno in occasione del primo dibattito tra i candidati alla presidenza americana, una performance giudicata come scarsa e soprattutto inaspettatamente deludente non incida in modo rilevante sulla percezione dei candidati. Come sappiamo, Obama ha vinto comunque, ma indubbiamente quel dibattito ha avuto un peso notevole sull’andamento del resto della campagna, un effetto che, invece, difficilmente si produrrà dopo il confronto di ieri sera.

Certo c’è chi è stato più efficace e chi meno. Gli occhi di tutti erano puntati sui due candidati considerati più forti, Bersani e Renzi. Tra i due, il sindaco di Firenze è riuscito meglio a far passare alcuni messaggi sotto forma di slogan, che è poi quello che, piaccia o meno, si può e si deve fare quando si ha solo un minuto a disposizione per rispondere. Renzi è apparso più incisivo soprattutto su alcuni dei suoi cavalli di battaglia, come i giovani, il merito e i costi della politica; tuttavia, non ha mai davvero spiccato il volo staccando tutti gli altri. Alla fine, l’impressione è appunto quella che i candidati siano piaciuti a coloro che probabilmente già avevano una preferenza e che hanno confermato così la propria scelta.

Quanto ai contenuti, su molti temi la discussione si è mantenuta sul generico. Bisogna però considerare che in una campagna per le primarie ancora il processo di definizione dei programmi è in corso, in quanto chiunque vinca dovrà necessariamente tenere conto anche del resto del partito e della coalizione. Pertanto, è naturale che a questo stadio la competizione avvenga sulla base di linee generali e, soprattutto, di modelli di leadership. Durante il dibattito i candidati dovevano dimostrare soprattutto di essere dei leader, ovvero di essere in grado di guidare una coalizione di governo e di avere una visione politica. E, in questo senso, forse su quella percentuale di potenziali elettori che nei sondaggi si è detta ancora indecisa, la performance di ieri sera potrà incidere sulla decisione se andare o meno a votare e su chi orientare la propria scelta.

 

“Questioni Primarie” è un osservatorio sulle primarie 2012 del centrosinistra. Un progetto di Candidate & Leader Selection, realizzato anche grazie alla collaborazione con rivistailmulino.it. Ogni settimana, sino al 25 novembre, su queste pagine verranno ripresi due dei contributi pubblicati nell’ambito del progetto, tutti disponibili, anche in formato pdf, sul sito di Candidate & Leader Selection.