I fantasmi di Parigi. Le hanno definite le “bidonville verticali”, quelle torri-dormitorio di venti o trenta piani da sempre simbolo di una periferia triste, desolata e abbandonata a sé stessa. In Francia, da qualche anno, sono in via d’estinzione. Molte costruzioni sono state distrutte e al loro posto sono sorti parchi, piscine e nuove abitazioni con piccoli giardini. A cinque anni dalla sommossa delle periferie francesi durata tre settimane e che ha fatto contare 10 mila veicoli incendiati, i grandi lavori di ristrutturazione urbana hanno ridisegnato il volto della banlieue. Ma non ne hanno intaccato la sostanza. Un recente rapporto dell’Osservatorio Nazionale delle Zone Sensibili (ONZUS) ha rilevato un tasso di disoccupazione che tocca il 43% dei giovani uomini e il 37% delle giovani donne.

Qualcosa di essenziale è però cambiato. La rivolta delle periferie nel 2005 ha fatto parlare di sé per lungo tempo soprattutto a causa delle violenze che si sono consumate nelle strade. All’origine della guerriglia urbana dell'epoca la morte di due ragazzi, uno di 15 e l’altro di 17 anni, uccisi dal contatto con un vecchio trasformatore elettrico mentre cercavano di fuggire inseguiti dalla polizia. Oggi le violenze sono più rare, ma gli abitanti delle periferie hanno smesso di votare: alle ultime elezioni politiche il tasso di astensionismo in alcuni quartieri ha raggiunto il 70%. Secondo gli analisti, gli abitanti delle banlieues non votano perché non si sentono rappresentati. Un esempio è l’agglomerato di Seine-Saint-Denis: dei quaranta comuni, dove in alcuni di questi il 75% degli abitanti proviene da paesi extra europei, nessun sindaco è nero o di origine magrebina.

I problemi economici e la mancanza di lavoro restano il punto centrale. Più di un terzo degli abitanti dei quartieri difficili vive sotto la soglia di povertà e percepisce un salario più basso di 950 euro al mese. Di conseguenza vivere in maniera dignitosa diventa un problema, e c’è chi se ne approfitta, come i cosiddetti “marchands de sommeil”, i mercanti del sonno. Si tratta di proprietari che affittano un alloggio a prezzi esorbitanti e in condizioni precarie: 550 euro è il valore di una stanza per un'intera famiglia in un appartamento piccolo, di circa 60 metri quadrati, da condividere con altre 15, a volte 20 persone.

Dopo la guerriglia del 2005 i sindaci della periferia parigina, di ogni appartenenza politica, hanno iniziato a dialogare tra loro e a cercare strategie comuni. Quest’anno il sindaco di La Courneuve, a nord di Parigi, ha organizzato il primo incontro nazionale contro la Discriminazione Territoriale. Un’inchiesta ha infatti dimostrato come i curriculum che arrivano dalle periferie “sensibili” vengono sistematicamente cestinati dalle grandi aziende. Lo sa bene Jalila Lemzaouri, 25 anni, cresciuta alla Val Fourré, una delle banlieues più stigmatizzate della regione. Per mesi la giovane ha cercato lavoro a Parigi, vedendo sempre rifiutare la sua candidatura. Jalila ha pensato che fosse a causa del suo cognome, di origine marocchina. La ragione era invece un'altra. Dopo mesi di vana ricerca, su suggerimento di un’amica, la ragazza ha deciso di cambiare il suo indirizzo di residenza e ha scelto quello in cui abita una vecchia zia,  a Le Raincy, all’est di Parigi. Le Raincy è sempre in periferia, ma è una banlieue ricca, di cui di non si sente mai parlare. Risultato: Jalila ha trovato subito lavoro in base alle sue competenze visto che il luogo di residenza non costituiva più un ostacolo. Di casi come questo se ne contano a centinaia. Se dalle periferie stanno scomparendo i grattacieli, non è diminuita la miseria, il disinteresse verso le istituzioni della Repubblica e il senso di impotenza dovuto alla totale mancanza di rappresentanza politica. Tutti problemi conosciuti già da prima degli scontri di cinque anni fa, un malessere che invece che ridursi si estende. Negli anni ottanta i quartieri difficili erano 95 in tutta la Francia. Oggi invece se ne contano addirittura 700.