Sulle terre del Front national. Dunque Sarkozy è tornato. In attesa che l’alta autorità del partito verifichi la validità delle otto candidature per le primarie del centrodestra francese (al momento Juppé, Sarkozy, Le Maire, Fillon, Copé, Mariton, Poisson, Kosciusko-Morizet) l’ex presidente si è preso la scena e sta risalendo giorno dopo giorno nei sondaggi. Facendo una media tra i più accreditati istituti, il suo ritardo da Juppé è oramai di una manciata di punti percentuali, 5 al massimo.

Prima di tutto bisogna ricordare che in realtà il comeback risale a due anni fa. Nonostante non lo avesse mai esplicitato, quasi nessuno pensava ad una sua assenza alle primarie. Peraltro negli ultimi due anni Sarkozy ha, al solito, monopolizzato il campo della destra post-gollista francese. Si è prima ripreso l’Ump, per poi rifondarlo e addirittura cambiare il nome del partito (ora Les Républicains) nel maggio 2015. Ha poi svolto il ruolo di primo oppositore della coppia Hollande-Valls e ha guidato il fronte di centro-destra nelle importanti elezioni dipartimentali del marzo 2015 e nelle regionali del dicembre dello stesso anno. Questo primo elemento non deve essere assolutamente trascurato: l’opposizione all’hollandismo è stata portata avanti da Marine Le Pen, all’estrema destra, e da Nicolas Sarkozy, a destra.

Secondo dato che difficilmente muterà nelle prossime settimane di campagna per le primarie e che lo stesso Sarkozy ha ribadito nel lungo intervento televisivo di giovedì scorso su France 2: la sua sarà una campagna condotta tutta a destra, più «sulle terre del Fn», che su quelle della tradizione gollista e centrista. Perché questa scelta?

Prima di tutto lui e il suo staff sono convinti che, nell’attuale congiuntura di crisi (legata al terrorismo ma anche ad un quadro socioeconomico preoccupante), un discorso centrato sulla critica al comunitarismo, al multiculturalismo ma anche sull’attacco all’élite parigina, giudicata incapace di comprendere il malessere e la disperazione della Francia «profonda e periferica», sia indispensabile per ottenere la candidatura e prepararsi a sfidare Marine Le Pen.

Questo il secondo elemento: scommettere su un ballottaggio presidenziale certo contro Marine Le Pen. Una volta conquistata la candidatura mancheranno circa cinque mesi al voto. Dalla campagna alle primarie si passerà a quella presidenziale senza soluzione di continuità. Ci sarà pochissimo tempo per mutare linea e di conseguenza meglio partire già oggi insistendo sui temi cari alla leader del Fn. Peraltro questa scelta presuppone un’altra azzardata scommessa: l’idea che basterà raccogliere un quantitativo minimo di voti centristi e socialisti ad un eventuale ballottaggio contro Marine Le Pen per tornare all’Eliseo e che questi voti arriveranno una volta che ci sarà da sbarrare la strada al Fn. Allora perché oggi proporre un discorso moderato e centrista, se l’obiettivo può essere raggiunto senza snaturarsi?

Su questo punto è evidente che Sarkozy sembra credere molto ad uno scenario simile a quello della campagna presidenziale del 2007, quando egli riuscì ad assorbire una percentuale consistente di malessere e risentimento, ma anche di voti, dell’elettorato potenzialmente frontista. Un ragionamento di questo genere sembra dimenticare che il Fn di Marine Le Pen è assai cambiato rispetto a quello che era di Jean-Marie. Peraltro, quanto questa strategia fosse complicata Sarkozy dovrebbe averlo già compreso nel 2012, quando la scommessa del rilancio a destra non fu certo vincente in larga parte nel ballottaggio. È vero che le regionali di dicembre 2015 hanno evidenziato tutti i limiti del Fn quando deve rapportarsi a posizioni di «governo». Ma allo stesso modo anche le recenti prese di posizione del suo leader sui temi dell’islam e della sua supposta compatibilità con i valori repubblicani, mostrano quanto Marine Le Pen sia oggi la decisiva risorsa del Fn e quanto tutto ciò possa contare in un’elezione monocratica come la presidenziale.

Il terzo elemento è quasi scontato ma altrettanto importante. Per Sarkozy è oggi impossibile incarnare la linea centrista, dal momento che quello spazio politico è stato da oltre un anno occupato da Juppé. Il sindaco di Bordeaux, al momento il politico più gradito di Francia, ha optato per una linea conciliante e da rassembleur, caratterizzata da un «no» fermo all’idea del «declino francese» e soprattutto riassunto nello slogan della identité heureuse (fortunato titolo di un contributo scritto nel 2014, nel quale Juppé voleva contrapporsi al pamphlet declinista di Alain Finkielkraut pubblicato l’anno precedente con il titolo L’identité malheureuse). Senza entrare nei dettagli delle proposte di Juppé, gli attacchi di Sarkozy potrebbero avere un certo successo per due ragioni sostanziali. Alle primarie si mobilita solitamente un elettorato più motivato, più pronto a recepire un discorso semplificato e attento al tema, peraltro non campato in aria, delle molte «fratture francesi». Inoltre l’idea del rassembler au lieu de diviser, altra frase chiave della campagna di Juppé, sembra essere più idonea per una campagna presidenziale, piuttosto che per un confronto tutto interno allo spazio politico della destra francese. Qui anche i sondaggi disaggregati possono essere utili. Sarkozy fa il pieno tra i militanti Lr, mentre va malissimo tra militanti e simpatizzanti Modem e Udi. Per Juppé le cose stanno esattamente all’inverso. Chi voterà di più il 20 e il 29 novembre?

Infine un ultimo elemento, che alcuni commentatori hanno definito il gioco del «dottor N e mister S». Cioè il candidato alle primarie Sarkozy con la sua insistenza sui temi identitari, di lotta all’immigrazione, di rimessa in discussione dell’europeismo, ma anche con i richiami al liberismo economico, avrebbe deciso appunto di presentarsi come il candidato solo della destra. Una volta ottenuta la candidatura, si tratterebbe di  spogliarsi di questi panni per indossare quelli dell’ex presidente, uomo di esperienza e soprattutto uomo dell’ouverture concretamente applicata nel periodo 2007-2012.

In definitiva in attesa di avere il via ufficiale della campagna per le primarie della destra e del centro le certezze sono almeno due: Sarkozy sarà «uno» dei protagonisti, se non «il» protagonista. E in secondo luogo la sua scelta nella direzione della droitisation segnerà tutto il dibattito di queste primarie e quasi certamente della successiva campagna. Si può discutere se la Francia attuale sia heureuse o malheureuse. Di certo non è rassemblée. E se esiste un presidente divisivo nella storia della quinta Repubblica…