Il voto in Baviera: più continuità che cambiamento. Già da molte settimane i commentatori politici avevano innalzato le elezioni dello scorso 14 ottobre in Baviera, il secondo Land della Germania in ordine di grandezza, a livello di un evento epocale, in grado di spostare definitivamente gli equilibri politici in Germania. L’affermazione della Alternative für Deutschland (AfD); la fine della maggioranza assoluta, detenuta quasi senza soluzione di continuità dal 1957, della Csu; il successo dei Verdi: queste erano le aspettative. Anche se molte di queste previsioni si sono avverate, in realtà le linee di continuità prevalgono.

Analizziamo dapprima i risultati che più chiaramente rappresentano una rottura rispetto al passato:

  1. La Csu ha perso, come ampiamente previsto, la maggioranza dei seggi, anche se le perdite sono state minori del previsto (gli ultimi sondaggi davano la Csu al 33-34%, a fronte di un risultato finale del 37,2%).
  2. Circa un terzo dei voti persi dalla Csu, ossia 180mila elettori, sono andati ai Verdi. La Csu ha perso soprattutto tra gli elettori di ceto medio-alto nelle grandi città, spaventati dalla retorica populista. Nei centri sopra i 100mila abitanti, i Verdi sono il primo partito con il 30% dei voti; in primis Monaco, dove i Verdi hanno vinto 5 dei 9 seggi uninominali in palio.
  3. Gli elettori non premiano più la regola ferrea, coniata dal leader storico della Csu Franz-Josef Strauß, che non ci debba essere nessun partito a destra della Csu. I tentativi della Csu di occupare il terreno della AfD mostrandosi intransigente sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza ai rifugiati, e il ricorso dell’ultimo minuto a manovre palesemente mediatiche di “ritorno alla civiltà giudeo-cristiana” (come l’obbligo di appendere crocifissi in tutti gli edifici pubblici) hanno avuto l’effetto di repellere gli elettori moderati più di quanto abbiano recuperato voti persi all’estrema destra. Il 70% degli elettori della Csu dice che il suo partito "ha sbagliato a parlare troppo della crisi dei rifugiati".
  4. I Verdi sono primo partito tra i giovani, i neoelettori, e tra le persone che si sono trasferite in Baviera tra il 2013 e il 2018. Quest’ultimo è un gruppo importante, mezzo milione di persone. Il successo economico della Baviera (in un certo senso, quindi, il successo della Csu) è una delle prime ragioni per il declino della Csu.
  5. La sinistra tedesca è ormai divisa in tre sinistre regionali. La socialdemocrazia tradizionale della Spd è oltre il 30% solo al Nord (Bassa Sassonia, Nrw). La Linke è forte nella ex Germania Est. Al Sud, tradizionalmente un terreno difficile per i partiti di sinistra, dominano ormai i Verdi: sono primo partito in Baden-Württemberg, e il secondo in Baviera.

Nonostante questi cambiamenti importanti, le linee di continuità rispetto al passato sono evidenti.

  1. Le perdite della Csu sono in linea con il trend globale verso l’abbandono dei grandi partiti di massa, e con il trend storico della Csu stessa. In realtà, il 2013 era un’aberrazione rispetto al trend iniziato già nel 2008, o persino con il declino costante fin dagli anni Settanta (con il 2003 e il 2013 come sole eccezioni).
  2. Banalmente, il declino della Csu ha anche ragioni demografiche. Tra i 1,1 milioni di voti persi dalla Csu tra il 2013 e il 2018, il gruppo più grande sono gli elettori deceduti (240 mila).
  3. Due terzi dei voti persi dalla Csu sono andati a partiti di destra: più o meno in parti uguali ai Freie Wähler (“Liberi Elettori”, una lista civica che raccoglie gli elettori insoddisfatti dalla Csu, soprattutto fuori dalle grandi città) e alla AfD. Come risultato, il rapporto di forze tra destra e sinistra è rimasto sostanzialmente invariato: tra di loro, Csu, Freie Wähler e AfD riuniscono oltre il 60% dei voti, come la Csu ai tempi d’oro. L’euforia dei Verdi per aver posto fine al governo monocolore della Csu (“la democrazia torna in Baviera” ha scritto il leader verde Robert Habeck) ormai sta cedendo alla realizzazione che i guadagni dei Verdi sono un gioco a somma zero a spese della Spd.
  4. Il primo ministro bavarese si chiamerà ancora Markus Söder, come prima delle elezioni, con la sola differenza che dovrà governare in coalizione con un clone della Csu, solo un po’ più dialettofono e rurale (i Freie Wähler). Persino le dimissioni di Horst Seehofer, controverso ministro degli interni federale e segretario della Csu che tutti davano come agnello sacrificale designato per il dopo-elezioni, ormai non sono più scontate: Söder è troppo debole per avocare a sé la segreteria del partito.

Insomma, in Baviera come in Sicilia bisogna che tutto cambi per lasciare tutto com’era.