"Dal jazz delle cantine al rock 'n'roll degli sconclusionati festival giovanili, dalla scuola francese a quella genovese, fino alla rivoluzione mancata del beat italico: Tenco è stato il cantore dei lati più oscuri dei favolosi anni '60, {C}di quel decennio spezzato ha incarnato le contraddizioni più laceranti ma anche i fermenti più creativi. Fino al gesto estremo che gli conferirà una statura tragica. Proiettando un'ombra su tutta la canzone d'autore e la musica alternativa".

E' questa l'immagine di Luigi Tenco che ci viene trasmessa oggi da uno dei più popolari siti web musicali italiani. Diffusa è dunque la percezione di trovarsi davanti a una figura di svolta, per certi aspetti fondativa. E' la vicenda al centro di questo libro, che mostra - in una vivida, originale rilettura - come il suicidio di un cantante durante una "banale" competizione di musica "leggera" si sia trasformato inaspettatamente in un trauma collettivo capace di generare nel tempo una significativa, duplice, innovazione: la fabbricazione della canzone d'autore come autonomo genere musicale e la consacrazione del cantautore come identità culturale.

Marco Santoro insegna Sociologia nell'Università di Bologna. Tra le sue pubblicazioni con il Mulino: "Notai. Storia sociale di una professione in Italia" (1998), "Nuovi media, vecchi media" (a cura di, 2007), "Studiare la cultura. Nuove prospettive sociologiche" (curato con R. Sassatelli, 2009) e "La cultura come capitale" (a cura di, 2009).

Collana "Intersezioni", Bologna, il Mulino, pp. 296, euro 18.