Forse c’è da essere preoccupati per la piega che stanno prendendo le cose. Il governo, al di là dei guai che si trova a fronteggiare giorno per giorno – dal caso Regeni a quello Guidi, dal referendum trivelle alle proteste per le quattro banche salvate secondo la nuova normativa europea – segue una linea di riforme economiche e istituzionali che può essere condivisa o meno, ma che è sufficientemente chiara sia agli osservatori nazionali che internazionali. Le opposizioni, tra le quali c’è una frazione rumorosa dello stesso Partito democratico, approfittano di qualsiasi spunto che i media e la magistratura offrono loro per dare addosso al premier: “No all’uomo solo al comando”, è il legame che le unisce. L’unico legame, perché poi, su qualsiasi linea politica, i loro dissensi sarebbero insormontabili: ve lo immaginate un governo sostenuto da una maggioranza in cui ci siano esponenti della sinistra radicale e Forza Italia, Lega e 5 Stelle? Una maggioranza “contro” non è impensabile: è una maggioranza “per”, diversa da quella che sostiene il governo in carica, che non si riesce a intravvedere. Alla radice delle mie preoccupazioni sta il fatto che una pura “maggioranza contro” potrebbe prevalere quando si arriverà al referendum costituzionale di ottobre.

Le conseguenze non sarebbero così drammatiche come quelle che determinarono il crollo della repubblica di Weimar, una repubblica minata anch’essa da opposizioni inconciliabili, che combattevano contro il governo per ragioni opposte: le condizioni politiche e sociali, nazionali e internazionali, oggi impediscono quegli esiti. Ma non impediscono un lungo periodo di turbolenze ed incertezze e un’interruzione dell’esperienza riformistica, se il referendum costituzionale avesse un esito negativo. Il governo, qualsiasi governo, nelle difficili circostanze odierne ha bisogno di stabilità. Ha bisogno di tempo per dare credibilità – soprattutto all’estero – al programma di riforme avviate: “i soliti italiani. Non ci si può fidare!”, questo sarebbe il messaggio che una crisi darebbe all’Europa e al resto del mondo. Possiamo permettercelo? Io non credo, a meno che le riforme costituzionali in discussione siano considerate come un colpo di Stato per sventare il quale anche gravi danni economici al Paese passano in secondo piano, un’opinione che mi sembra difficile condividere.

Ma non ci facciamo impressionare troppo da strepiti e proteste? Non si tratta forse di “molto rumore per nulla”, un rumore che si dissolverà quando gli italiani, in ottobre, saranno messi di fronte alla scelta di approvare o respingere la riforma costituzionale, che è insieme anche quella di tenere in vita o abbattere il governo? Non perché così abbia “minacciato” Renzi: un referendum ci sarebbe comunque, richiesto dalle opposizioni, e per il presidente del Consiglio era politicamente inevitabile mostrare di non temerlo, anzi, di richiederlo. Il governo, a fatica, potrà sopravvivere di fronte ad esiti delle elezioni comunali di giugno percepiti come un evidente insuccesso delle forze politiche che lo sostengono, ma non alla bocciatura di un punto cardine del suo programma nazionale. Di qui le mie preoccupazioni.

Eccessive? Non credo. Episodi e vicende cui attaccarsi per colpire l’“uomo solo al comando” l’esperienza dei prossimi mesi ne offrirà ancora e i media e la magistratura, facendo il loro mestiere, non si asterranno certo dal metterli in evidenza. Il tutto in un contesto di difficoltà inevitabili. Arriva l’estate e con essa si moltiplicheranno i barconi dei profughi, mentre l’Europa è ben lontana dall’aver approntato strumenti efficaci per alleviare l’onere dei Paesi di prima accoglienza. La situazione economica internazionale non è delle migliori e il braccio di ferro con la Commissione europea per ottenere ulteriori margini di flessibilità potrebbe avere scarso successo. È allora presumibile che i cittadini non percepiranno un sensibile miglioramento delle loro condizioni economiche nei prossimi mesi: in questa situazione, strepito e furore, attacchi concentrici da destra e da sinistra contro il governo, potrebbero trovare un terreno favorevole.

Si tratta di difficoltà destinate a durare, anche nella prossima legislatura. Visto che si metteva mano alla Costituzione, e si voleva rafforzare il governo in Parlamento, forse si poteva compiere il passo ulteriore di introdurre clausole simili agli articoli 67 (sfiducia costruttiva) e 68 (possibilità di ottenere lo scioglimento del parlamento in caso di bocciatura della questione di fiducia) del Grundgesetz tedesco: queste sono le armi fondamentali contro forze di opposizione non coalizzabili o contro rotture della maggioranza. Vedremo presto se queste armi saranno necessarie: è stato compiuto un grande passo avanti, … ma la transizione continua.

[Questo articolo è apparso sul Corriere della Sera il 18 aprile 2016]