Esistono infiniti itinerari possibili, a Venezia: i percorsi della Venezia medievale, rinascimentale, barocca; la Venezia delle chiese, delle Scuole, dei musei, dell’arte contemporanea, dell’archeologia industriale; la Venezia ebraica, armena, bizantina e greca; e, ancora – ma sono solo schegge di un intero inesauribile –; la Venezia degli scrittori, da John Ruskin a Henry James a Hugo Pratt. Fino alla Venezia dello shopping, delle osterie e dei bacari. Ed esiste, anche, una Venezia delle librerie. 

Una mappa delle librerie indipendenti della città, insieme con una breve presentazione di ciascuna libreria ad opera dei librai stessi, si trova alla fine del volume di Giovanni Montanaro Il libraio di Venezia (Feltrinelli, 2020) che racconta l’«acqua granda», l’acqua alta eccezionale che ha colpito la città la notte del 12 novembre 2019, attraverso la storia di una libreria immaginaria. A chi osservi la mappa è evidente come la città sia punteggiata di librerie in due zone: fra Rialto, San Marco e S. Stefano da un lato del Canal Grande (de citra); e, soprattutto, fra l’Accademia e i Frari dall’altro (de ultra). Vuoto di librerie parrebbe l’intero sestiere di Cannaregio (ma si può ricordare, sulla Fondamenta della Misericordia, la recente, piccola ed elegante libreria nascosta dentro il caffè Sulla luna, dove, accanto a tisane, torte, succhi biologici e focacce, si incontrano libri per l’infanzia, libri di cucina e giardinaggio, graphic novel, selezionati con gusto e attenzione, e rare novità). 

Il percorso che inizia all’Accademia e si snoda fino ai Frari rivela una straordinaria concentrazione di librerie. Seguendo questo itinerario, il visitatore – e dunque il lettore – si muove entro un’area dall’identità «particolarmente forte e vivace: una specie di piccolo Quartiere Latino veneziano», come ha scritto Mario Isnenghi. 

La Toletta è talmente rappresentativa e talmente radicata nella frequentazione e nei percorsi dei veneziani che, a novant’anni dall’apertura, si è conquistata "la fama dell’antonomasia": il toponimo da cui prende il nome, la vicina Fondamenta della Toletta, è ormai indistinguibile dalla libreria stessa

Le parole di Isnenghi si leggono nella premessa al saggio in cui Carlo Franco ha raccontato, con passione e sapienza, la vicenda della più storica e più celebre fra le librerie di Venezia: la Toletta (C. Franco, La libreria «Toletta», Il Poligrafo, 2006, con bibliografia e un ricco apparato iconografico). La Toletta è talmente rappresentativa e talmente radicata nella frequentazione e nei percorsi dei veneziani che, a novant’anni dall’apertura, si è conquistata «la fama dell’antonomasia»: il toponimo da cui prende il nome, la vicina Fondamenta della Toletta, è ormai indistinguibile dalla libreria stessa. Con uno sguardo attento insieme alla storia della città e delle sue librerie, ora in gran parte scomparse, e alla storia del libro e della cultura in Italia, Franco ricostruisce la storia della Toletta a partire dalla sua collocazione in città, entro una zona negli anni Trenta ancora eccentrica rispetto all’asse Rialto – S. Marco, ma già ricca di istituti di istruzione, scolastici e universitari. 

La libreria è stata fondata nel 1933 da Domenico («Angelo») Pelizzato, militante comunista dal 1922 e fratello del futuro partigiano Piero («Marino»). Domenico aveva gestito un banco di libri usati in calle della Mandola, nei pressi di campo San Stefano. Fino alla metà degli anni Sessanta la Toletta è stata fondamentalmente una libreria dell’usato: ed è singolare – lo dimostra anche la vicenda della libreria MarcoPolo, in un arco cronologico più breve – come l’esperienza dell’usato abbia alimentato la storia delle librerie nella città. 

Negli anni della Repubblica di Salò Pelizzato, come altri librai della città, avrebbe appoggiato l’attività di gruppi antifascisti, nascondendo «tra i libri materiali di propaganda e armi» (C. Franco). 

Attraverso operazioni uniche in Italia, la Toletta ha acquisito ormai stabilmente una fisionomia a metà fra il remainder e la libreria tradizionale: è dunque un «ibrido» difficile da gestire, anche nei rapporti con gli editori, come spiega Giovanni, nipote di Domenico e rappresentante della terza generazione dei Pelizzato. Dalla fine degli anni Sessanta, la Toletta inizia a vendere a metà prezzo libri fuori catalogo. Qualche anno più tardi, con una scelta sicura e non ovvia, Maurizio, padre di Giovanni, con il fratello Lucio, propone agli editori di acquisti in blocco di libri in catalogo, ma non novità: il cosiddetto «centro-catalogo». Sono blocchi costituiti soprattutto da rese: ma su di essi, a sua volta, Maurizio non avrebbe esercitato il diritto di resa. A queste condizioni, Maurizio ottiene dagli editori uno sconto molto significativo, che a sua volta si traduceva in un prezzo molto vantaggioso, scontato fino al 40 o al 50%, per i lettori, in un’epoca in cui gli sconti sui libri non erano limitati per legge. Nel racconto di Giovanni emerge bene come la scelta di suo padre abbia determinato la natura stessa della libreria (e le sue parole sollecitano altresì a riflettere sull’importanza della selezione, della scelta, nel farsi di una libreria come – aggiungo – di una biblioteca). E parallelamente, come ha spiegato Carlo Franco, proprio grazie all’intuizione di Maurizio, la libreria ha a sua volta dato forma al sapere di generazioni di studenti, professori, e – nel senso più ampio – intellettuali veneziani che alla Toletta hanno trovato i libri fondamentali, «quelli destinati a costituire la chiave della formazione» (C. Franco): in qualche modo, la libreria ha contribuito all’institutio del ceto intellettuale della città. 

Solo dal 1998, quando ha aperto alle novità, la Toletta si è avvicinata alla fisionomia della libreria tradizionale, e può ora definirsi una libreria genericista, di varia: spazia, cioè, in tutti i generi letterari. Ancora oggi, tuttavia, l’offerta della libreria si fonda largamente sul «centro-catalogo». Con effetti sorprendenti, come dimostra il caso di Adelphi. Dal 2005 la Toletta tiene tutto il catalogo Adelphi, e in questo senso rappresenta una libreria di nicchia dentro una libreria di varia; e analoghe riflessioni valgono per il catalogo Bur o Mondadori Bur, Mondadori, Oscar, Einaudi tascabili, Bollati, Iperborea, SE, Marsilio. È una scelta fine e resistente di opposizione al cannibalismo delle novità, su cui gli editori concentrano invece i propri sforzi. «Certo che è difficile», commenta Giovanni: «ma voglio continuare ad essere un riferimento per la città». Con una sola eccezione: i testi scolastici. Il commercio del libro scolastico – e segnatamente del libro scolastico usato – ha profondamente segnato i primi decenni di vita della libreria fino agli anni Sessanta, quando è stato definitivamente abbandonato – come spiega Carlo Franco nel suo saggio – per ragioni connesse all’esodo di abitanti dal centro storico e all’invecchiamento anagrafico dei residenti superstiti. 

Quali sono dunque i libri che si trovano in questa libreria severa e suggestiva? Una base fissa di 1000-2000 titoli: «da Il vecchio e il mare – spiega Giovanni – alla saggistica, Hobsbawm, per esempio: titoli che una libreria deve avere, perché te li chiederanno e perché rispondono a una esigenza immediata». Giovanni descrive un fenomeno che definisce «il paradosso del lettore alto». Il lettore «alto» tende sempre a sovrastimare la ricchezza di questa libreria. Quando Giovanni mi domanda quanti libri, secondo me, si trovano nei 150 mq della libreria, anche io lancio una cifra del tutto sproporzionata rispetto alla realtà. «Una libreria media di varia, come è la Toletta, potrebbe avere circa 30.000 titoli. La Toletta ne ha 18.000: che sembrano però moltissimi al lettore forte, perché qui trova sempre i libri che gli piacciono, che si devono avere, e che in una libreria che contiene le novità non si trovano». Il rumore di fondo delle novità è eliminato: e il lettore sa di potervi cercare titoli non effimeri, libri – come dire – durevoli. 

Per sette anni la Toletta – che non ha mai lasciato la sede dell’Accademia – ha vissuto una doppia vita: è stata, anche, una libreria indipendente “nascosta” dentro una libreria in franchising

La scelta del libraio determina anche la disposizione dei libri, l’ordinamento negli scaffali. Alla Toletta i libri sono esposti per editore: è un criterio, secondo Giovanni, «che manda in deliquio i lettori forti», ma «perdente, perché sono pochi i lettori che apprezzano». E tuttavia, «per la tipologia di lettori che si rivolge alla Toletta, una Adelphi o un Mulino completo vendono di più». 

Giovanni lavora alla Toletta in senso proprio dal 1995, e di fatto – sorride – «qui sono nato». Eppure, il radicamento in questo angolo di città non gli ha impedito avventure coraggiose, come l’apertura della Mondadori a San Marco, dal 2004 al 2011, nello spazio che era un tempo del cinema San Marco, chiuso nel 1982, e che è ora occupato dalla boutique di Louis Vuitton. La chiusura del cinema aveva creato un «buco nero» nella città: la famiglia Benetton aveva acquistato l’intera area fino all’Hotel Monaco e trasformato il Teatro del Ridotto in sala da pranzo dell’albergo; in cambio, la città riceve uno spazio culturale, appunto negli ambienti dell’ex cinema. Da sempre – racconta Giovanni – suo padre Maurizio «sognava una libreria in centro-centro, come la Laterza a Bari»: anche in una città che è tutta centro, come Venezia, alcune aree restano storicamente più centrali di altre. Giovanni e suo padre forzano il modello-supermercato del franchising (e la libreria di Venezia era la più grande delle Mondadori in franchising). Negli anni in cui la Feltrinelli riapre ad acquisto – come si dice – «accentrato», la Mondadori permette l’acquisto decentrato, e dunque consente ai librai di scegliere. Di fatto, anche dentro la Mondadori Giovanni e suo padre Maurizio restano librai indipendenti: quando fanno il cosiddetto «ordine di impianto», scelgono cioè i titoli per l’apertura, selezionano 700 titoli Laterza. Per sette anni la Toletta – che non ha mai lasciato la sede dell’Accademia – ha vissuto una doppia vita: è stata, anche, una libreria indipendente «nascosta» dentro una libreria in franchising. Insieme, per quel breve spazio di tempo, e grazie ai libri, a uno spazio di libri, padre e figlio sono riusciti a riportare i veneziani a San Marco: per cercare libri, per assistere a una presentazione, per ritrovarsi.

Il 4 settembre del 2021, a pochi passi dalla sede storica, nello spazio bello e ruvido del magazzino della libreria, Giovanni ha aperto il nuovo Spazio Eventi: per incontri, presentazioni, mostre fotografiche, per un’operazione culturale che riprende e in qualche modo rimargina la «ferita» dello Spazio Eventi della Mondadori, e cerca di restituire ai residenti un luogo per l’incontro, la relazione, la riflessione comune.