Dalle elezioni federali di settembre è emersa una maggioranza politica inedita: la prima coalizione cosiddetta “semaforo”, rossa (Spd), gialla (Fdp) e verde (Verdi). Il nuovo cancelliere è Olaf Scholz (Spd), già vicecancelliere e ministro delle Finanze dell’ultimo governo Merkel, ed è ancora incerto il grado di continuità e di rottura rispetto ai governi precedenti. Dove sta andando la Germania?

Nel suo lungo cancellierato Angela Merkel è stata spesso sottovalutata sia in Germania sia all’estero, ma è riuscita a mantenere ferma la sua leadership. La sua continua ricerca di equilibrio ha creato fiducia nella Germania sia tra i cittadini sia nella comunità internazionale. Merkel ha collaborato con quattro presidenti statunitensi, quattro presidenti francesi, cinque primi ministri britannici e nove presidenti del Consiglio italiani, e ha dovuto reagire a numerose crisi ed eventi importanti. Il più grande risultato che va riconosciuto alla cancelliera in questi anni difficili è la garanzia di una sostanziale stabilità per la Germania, ma anche per la stessa Unione europea, con una crescita economica del Paese e un aumento del suo peso politico a livello internazionale. Angela Merkel ha cambiato la Germania, recuperando la stabilità che sembrava perduta sotto Schröder e approfittando delle riforme del suo predecessore. Sul piano europeo, invece, nemmeno lei è riuscita a superare gli egoismi nazionali nelle crisi economiche e nei confronti dei rifugiati.

A fronte di un bilancio complessivamente positivo del suo cancellierato, la proverbiale strategia attendista di Angela Merkel ha causato ritardi in alcuni ambiti, a partire dal contrasto al cambiamento climatico, lasciando al suo successore decisioni difficili e dolorose per recuperare gli anni persi. Inoltre, l’enfasi sulla ricerca del consenso ha rafforzato gli estremi politici e i populismi e aperto spazi a destra, come dimostra l‘ascesa di Alternative für Deutschland. Il sistema politico è in rapido cambiamento, con la nascita di nuove forze che erodono consenso ai partiti tradizionali, alcuni gravi scandali finanziari, la crescente conflittualità tra partiti e segnali di disaffezione dei cittadini rispetto al voto. Complessivamente, tuttavia, il sistema resta ancora solido.

In campo europeo la scelta integrazionista della Germania è un dato di sistema, ma questa scelta si è progressivamente scontrata con le condizioni poste dal Tribunale costituzionale federale

In campo europeo la scelta integrazionista della Germania è un dato di sistema, ma questa scelta si è progressivamente scontrata con le condizioni sempre più stringenti che, dopo l’unificazione, il Tribunale costituzionale federale ha posto per la partecipazione della Germania al processo di integrazione sovranazionale. Il Tribunale costituzionale si è fatto da tempo attento custode del principio di (stretta) attribuzione per quanto riguarda le competenze dell’Unione europea: poiché le competenze dell’Ue sono solo quelle conferite dai trattati, il Tribunale costituzionale federale controlla che gli atti di istituzioni e organi dell’Ue non vadano ultra vires, specie in ambito economico, e che rispettino l’identità costituzionale tedesca. Il punto di maggiore frizione si è raggiunto nel maggio 2020, quando il Tribunale, dopo reiterati avvertimenti, ha per la prima volta ritenuto che si fosse realizzato un illegittimo eccesso di competenze da parte delle istituzioni europee, e ha dichiarato in parziale contrasto con la Legge fondamentale il Quantitative Easing della Banca centrale europea. Lo scontro è tanto più forte se si considera che la decisione si pone in diretto contrasto con quella della Corte di giustizia dell’Unione europea, che nel 2018 aveva ritenuto legittimo il programma di acquisto di obbligazioni (Pspp) della Banca centrale. Il contrasto è successivamente rientrato, ma resta un clima di tensione che tiene sulla corda il processo di integrazione europea. Lo scorso anno il Tribunale ha inizialmente bloccato la promulgazione della legge di autorizzazione al recovery plan per la ripresa dalla pandemia, per poi autorizzarla in via provvisoria in attesa della definizione del procedimento. Il “dialogo” fra le Corti sull’integrazione europea resta pertanto molto difficile.

L’oscillazione tra obbligo costituzionale di integrazione (o, per usare le parole del Tribunale costituzionale federale, “l’atteggiamento positivo verso l’integrazione europea”, Europafreundlichkeit) ed affermazione del proprio primato imponendo all’Europa i valori e le regole tedesche, è il crinale lungo il quale si svilupperà il futuro della dimensione europea della Germania. Uno sviluppo che passerà dalle grandi questioni del prossimo futuro, come la gestione di un’economia molto diversa dopo la pandemia e il programma Next Generation EU, le sfide belliche ed energetiche (così strettamente collegate in seguito all’invasione russa dell’Ucraina) e la crisi climatica. Nel programma del nuovo governo la tutela del clima diventa un compito trasversale per tutti i ministeri, con una valutazione di impatto climatico per tutte le nuove leggi; l’eliminazione definitiva del carbone, prevista entro il 2030, deve essere resa possibile aumentando entro quella data la parte dell’energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili all’80%.

In politica estera e di difesa, la guerra in Ucraina ha modificato fortemente la situazione, ponendo la Germania davanti a una svolta vera e propria. Il nuovo governo è costretto a rivedere la dipendenza tedesca dal gas fornito dalla Russia. Vengono fortemente criticati vari politici ormai in pensione (fra cui l’ex cancelliere Schröder) per il loro coinvolgimento nelle società di fornitura russe. Tra le conseguenze vi è un importante aumento delle spese militari tedesche, rompendo in tal modo un tabù che durava dal dopoguerra e una tendenza di continua riduzione, dalla riunificazione, sia del numero di soldati e armamenti, sia delle risorse destinate alla difesa. Per invertire velocemente tale tendenza, con apposita modifica costituzionale, si intende creare un fondo speciale di 100 miliardi di euro per aggiornare rapidamente gli armamenti e per rispettare in futuro l’obiettivo Nato di una spesa militare del 2% del Pil (rispetto all’attuale spesa di circa l’1,5% del Pil), per consentire alle forze armate di essere in grado di svolgere la loro funzione di difesa. Inoltre, come altri Stati della Nato, anche la Germania fornisce missili anticarro e antiaereo alle forze armate ucraine, rompendo un pluridecennale tabù giuridico e politico che impediva di fornire armi in “aree di conflitto”.

Il debito pubblico, a lungo considerato il peggior pericolo per la stabilità anche istituzionale dell’intera Europa, supererà in Germania i 200 miliardi di euro nel 2022, la metà dei quali è dovuta al fondo speciale per aumentare la spesa per la difesa. Per il bilancio federale del 2022, la Germania invocherà così ancora una volta un’eccezione alla disciplina costituzionale del debito, per la quale è richiesta un’altra modifica della costituzione; giustificando l’attuale sospensione del “freno all’indebitamento” con la situazione di emergenza, si annuncia il ritorno alla regola costituzionale del debito a partire dal 2023.

Il debito pubblico supererà in Germania i 200 miliardi di euro nel 2022, la metà dei quali dovuta al fondo speciale per aumentare la spesa per la difesa

Le sfide del futuro, come il cambiamento climatico e il radicale mutamento del contesto geopolitico, richiedono capacità di rapido adeguamento e una maggiore elasticità decisionale e rendono pertanto necessario un processo di ripensamento del “modello tedesco”. Tale ripensamento è solo iniziato sotto Angela Merkel, nonostante alcune importanti riforme (il sistema federale, la perequazione finanziaria ecc.) che hanno tuttavia rappresentato una manutenzione del sistema più che cambiamenti radicali. Il compito di accelerare il percorso di riforme spetta ora al nuovo governo, in particolare a Olaf Scholz, che deve provare di saper modernizzare il Paese realizzando l’ambizioso slogan del suo governo: “osare più progresso”. Saranno soprattutto le politiche della tutela climatica e della politica estera e di difesa quelle in serviranno gli interventi più coraggiosi.

[Per più approfondite riflessioni si rinvia al volume degli autori, Germania, Il Mulino, in uscita a luglio 2022.]