L’immagine di Tosi “leghista diverso, bravo amministratore” è stata non solo condivisa all’interno del centrodestra e della Lega, ma alimentata da autorevoli giornalisti ed esponenti del centrosinistra. Mentre sembra sempre più improbabile che il suo obiettivo di proporre il “modello Verona” (il localismo della Lega alleato con liste civiche di cdx) come base per una futura leadership del centrodestra italiano possa avere successo, anche l’immagine di “bravo amministratore” si sta velocemente sgretolando in questo movimentato 2013.

Dopo quasi sette anni di governo incontrastato della città, infatti, le performaces amministrative di Tosi si dimostrano a dir poco insoddisfacenti. Inesistente il contributo del Comune per affrontare la crisi che anche a Verona si fa sentire sia sulle imprese che sul lavoro; nessuna significativa innovazione nelle attività del Comune; nessuna “idea di città” per affrontare con la città il nuovo millennio. Vediamo alcune evidenze empiriche.

Le spese del Comune tra il 2006 e il 2012 aumentano costantemente, ma mentre quelle correnti crescono del 18%, quelle per investimenti diminuiscono del 38%, con gli immaginabili effetti sulle imprese dell’indotto pubblico (nel medesimo periodo la spesa corrente dei comuni italiani cresce dell’8% e quella per investimenti diminuisce del 26). Nel contempo le entrate fiscali (trasferimenti compresi) crescono del 23% mentre rimangono quasi al palo le entrate extratributarie. I pagamenti alle imprese per gli investimenti passano dai 99 milioni del 2006 ai 6 del2012. Ineffetti l’Amministrazione Tosi ha bloccato la tramvia, che era stata progettata in modo faticoso e controverso dalle amministrazioni precedenti, ma non è ancora riuscito a far partire i lavori del filobus (a doppia alimentazione: in centro storico dovrebbe andare a gasolio!) che doveva rappresentare il sistema di trasporto pubblico di massa sostitutivo della tramvia. In cambio ha incamerato per le spese correnti nel bilancio del Comune i 10 milioni di euro ottenuti da AMT durante l'Amministrazione Zanotto dalla Siemens per errori di progettazione, che dovevano servire appunto per la tramvia.

Poi ha bloccato il Polo Finanziario a Verona Sud, progettato e concordato dall’Amministrazione Zanotto con Fondazione Cariverona, Banco Popolare e Cattolica Assicurazioni, prevedendo sul terreno corrispondente semplicemente il più grande parcheggio a raso d’Europa, al servizio della Fiera (sostanzialmente del Vinitaly). Le uniche attività produttive previste nel “progetto di città” dell’Amministrazione sono 11 nuovi centri commerciali nel Comune di Verona, garantendo quindi ai giovani un futuro di commessi precari (ma comunque al momento non ne è partito nessuno).

Non si capisce se l’inceneritore di Cà del Bue è stato bloccato o meno: quello che è certo è che il Comune ha incamerato per le sue spese i 20 milioni di penale ottenuti  da AGSM durante l'Amministrazione Zanotto e che dovevano servire per investimenti aziendali e nuovi servizi. La “grande opera” del passante Nord, con il traforo sotto la collina, dopo i progetti di inutili autostrade urbane faraoniche, costose ed economicamente insostenibili, adesso è ridimensionata  ad una semplice galleria, ma più probabilmente si dovrà ricominciare da capo.

Il centralissimo palazzo della Gran Guardia,  ambitissimo Centro Congressi, è stato malamente ristrutturato per collocarvi qualche sporadica mostra (c'era un Palazzo della Ragione appena restaurato da Tobia Scarpa all'uopo, rimasto vuoto fino alla vandita a Cariverona). Molti alberghi di Verona sono in crisi e stanno chiudendo (i visitatori delle mostre arrivano e partono senza spendere un euro in città, a differenza di quelli dei congressi).

Al vertice delle aziende comunali sono stati collocati, rigorosamente secondo le preferenze ricevute alle elezioni, esponenti dei partiti della coalizione, in particolare in AGSM è stato fatto presidente il segretario provinciale della Lega. Le aziende, delle quali il Comune è socio unico, sono state utilizzate per una serie di operazioni finanziarie volte esclusivamente a far quadrare i conti del Comune: “vendita” delle farmacie comunali all’AGEC (azienda di gestione degli edifici comunali) per 40 milioni di euro, che Agec ha dovuto chiedere alle banche, con garanzia del Comune; “vendita” di Amia (azienda di igiene ambientale) a Agsm, sempre con indebitamento presso le banche. Anche la Fiera è stata oggetto di operazioni finanziarie, volte o a sanare il bilancio del comune, o a trovare le risorse per l’aumento di capitale dell’Autostrada  Serenissima (Verona è l’unico ente pubblico che non mette in vendita le sue quote), al fine di garantirsi il diritto a mantenere la presidenza della società.

Negli ultimi mesi anche a Verona le inchieste giudiziarie stanno mettendo in crisi il “modelloTosi”. Tutte le aziende comunali sono oggetto di inchieste ed indagini, con i vertici indagati, in alcuni casi sottoposti a misure cautelari, in un caso anche condannati: ATV (azienda dei trasporti pubblici), AGSM, AGEC, per addebiti di fatti di corruzione, turbativa d’asta, assunzioni di parenti ecc. Nell’ultimo mese, poi, le indagini e le accuse al vicesindaco e assessore all’urbanistica Giacino, per presunti favori a ditte interessate a progetti urbanistici, in cambio di lavori di ristrutturazione dell’appartamento e consulenze alla moglie avvocato. Ma proprio questi fatti, che potrebbero essere la goccia che fa traboccare il vaso, derivano dalla concezione del governo di Tosi, che in campo urbanistico non ha proposto un’idea e un progetto per la città, ma ha semplicemente collazionato in modo disordinato e incoerente le proposte dei privati, con una personalissima interpretazione dell’”urbanistica negoziata”.

Il buon governo, come è noto, non garantisce consenso elettorale, non è chiaro se il cattivo governo porti ad una disaffezione dell’elettorato: lo vedremo nei prossimi mesi.