Cento anni fa nasceva a Firenze Fosco Maraini. In molti non lo conoscono, non l’hanno mai letto, non hanno mai visto le sue splendide fotografie. Ed è un guaio, perché la sua vita è piena di indicazioni utili per chi desideri, oggi, muoversi meglio nel mondo.

In realtà è difficile riassumere un personaggio del genere, che pur nella sua assoluta indipendenza appartiene a pieno titolo al proprio tempo. Giovane studente, appassionato nelle letture e nel dibattere le idee, rimane segnato dalle origini e dalle molteplici frequentazioni; la sua personalità prende forma grazie a una costituzionale irrequietezza e a quelli che lui stesso definirà «gusti centrifughi». Vero maestro di un sapere fondatissimo, agli antipodi delle moderne iperspecializzazioni, dotato di una sorta di «testa extracurricolare», sempre capace di catturare l’attenzione del lettore anche sui temi più ostici. Le sue opere restano a ricordarci la varietà degli interessi e la molteplicità delle forme in cui essi si sono esplicati, integrandosi fra loro per meglio carpire la realtà. Se Maraini fu scrittore, e poeta, fu altrettanto viaggiatore nel senso più proprio, alpinista, grande fotografo, documentarista. Che studiasse il ritualismo scintoista o invitasse gli amici a un’improvvisa sciata in Val Gardena al chiaro di luna, affrontava ogni avventura con l’entusiasmo dell’infanzia.

Fin da giovanissimo coglie tutte le opportunità di viaggio che gli si presentano. A ventidue anni si imbarca come insegnante di inglese dei cadetti sulla “Amerigo Vespucci” e in questo modo può visitare Grecia, Libano, Siria e Turchia. Lo stesso anno della laurea, il 1937, si aggrega a una spedizione in Tibet, dove tornerà in seguito: da questi viaggi nasce uno dei suoi libri più noti, tradotto in tutto il mondo, Segreto Tibet. La guerra lo trova in Giappone, dove studia gli Ainu dell’Hokkaido, la cui cultura già allora stava scomparendo e di cui rimarrà il maggior conoscitore. Là trascorre due anni in campo di prigionia insieme alla moglie Topazia e alle loro tre bambine: sono le intense pagine finali di Case, amori e universi. Tante le avventure che lo vedono all’apice dell’impegno alpinistico, prime fra tutte quelle del 1958 e del 1959, quando viene invitato dal Cai alla spedizione nazionale al Gasherbrum IV nel Karakorum, e partecipa alla spedizione nell’Hindu-Kush, tra Pakistan e Afghanistan, e all’ascensione del Picco Saraghrar. Di queste straordinarie esperienze sono testimonianza, oltre all’incisività del suo bianco e nero, molti grandi libri, di cui va ricordato almeno Paropàmiso. Massimo esperto di civiltà orientali, viene insignito della più alta onorificenza culturale del Sol Levante e ricopre diversi incarichi universitari, ultimo dei quali l’insegnamento di Lingua e letteratura giapponese all’ateneo fiorentino. Nel 1972 fonda l’Associazione italiana per gli studi giapponesi.

C’è tantissimo da esplorare nei lavori di Fosco Maraini, in un continuo richiamo tra culture e mezzi espressivi, e basta mettere in fila le “cose” che hanno segnato la sua storia per comprendere come la sua stessa esistenza coincida con l’idea assoluta di “viaggio”, con la mente aperta all’altro e la forza di una indipendenza assoluta.

E di certo non bastano pochi, rapidi cenni, per cogliere anche vagamente ciò che egli ha fatto e scritto nel corso della sua lunga vita, che si è chiusa l’8 giugno 2004. Così.