L'ipocrisia continua. Ci sarebbe voluto un discorso parlamentare di Edmund Burke, il Cicerone britannico (ma irlandese di nascita) a perorare la causa delle donne in quel del Seanad, la Camera alta del parlamento irlandese. Uno come lui, che di rappresentanza se ne intendeva, avrebbe detto che 18 donne su 60 senatori – e ancor più le 26 deputate su 166 membri del Dáil, la Camera bassa – forse erano troppo poche per decidere di una materia che riguarda le donne e il loro corpo. Ma l’Irlanda soltanto adesso si dota di una blanda legge sull’aborto per rispondere al clamore internazionale suscitato dal caso di Savita Halappanavar, la ragazza indiana morta il 28 ottobre 2012 di setticemia dopo che all’ospedale di Galway, nell’ovest dell’isola, le era stato rifiutato tre volte un aborto terapeutico perché “l’Irlanda è un paese cattolico” e “il feto era ancora vivo”, nonostante da giorni avesse atroci dolori e fosse chiaro che quel feto di 17 settimane non sarebbe sopravvissuto.

Con lo scandalo sono tornati in luce i lati oscuri del passato cattolico fatti di abusi sessuali dei preti sui minori e di case “Maddalene”, i famigerati istituti di riabilitazione di ragazze madri, orfane o dalla condotta “immorale”, in realtà dei luoghi di lavoro forzato sotto l’egida di Santa Maria Maddalena e la supervisione di suore-secondine. Uno scomodo fardello di cui non ci si può sbarazzare tutto in una volta. E infatti il disegno di legge sulla Protezione della vita in gravidanza (Protection of Life During Pregnancy Bill) è in realtà una legge molto annacquata che non regola dettagli come i casi di gravidanza a seguito di incesto o violenza sessuale, perché altrimenti si trasformerebbe in una legge costituzionale e quindi sarebbe soggetta a referendum popolare confermativo.

Il dibattito è stato seguito con passione dall’Irish Times, che vi ha dedicato un ricco inserto speciale online, ma anche dal tecnologico The Journal, che segue le vicende da un punto di vista più social, fornendo un utilissimo catechismo a domande e risposte sulla legge in questione. La legge, che è stata approvata giovedì 18 luglio, formalizza la decisione della Suprema corte irlandese sul caso X del 1992, una ragazza di 14 anni che era stata violentata dal padre di una sua amica. Le era stato impedito di viaggiare e di abortire e la ragazza aveva manifestato tendenze suicide. La Suprema corte aveva concesso alla ragazza di viaggiare per andare ad abortire in Inghilterra non per la violenza subita, ma perché minacciava di fare male a se stessa e al feto, contravvenendo quindi all’8° emendamento della Costituzione. Nel frattempo la ragazza aveva però avuto un aborto spontaneo, ma la decisione della corte aveva portato alla formalizzazione del 13° e 14° emendamento.

Questi emendamenti alla Carta fondamentale regolano dunque ancora la materia dell’aborto, scolpendo con chiarezza bizantina una certa bipolarità nel comportamento: “Lo Stato riconosce il diritto alla vita dei non nati e, con il rispetto dovuto all’eguale diritto alla vita della madre, garantisce nelle sue leggi di rispettare e, per quanto possibile, di difendere e rivendicare con le sue leggi tale diritto.” (8° emendamento). “[questa sezione] non limiterà la libertà di viaggiare tra lo Stato [irlandese] e un altro stato.” (13°) “[questa sezione] non limiterà la libertà di ottenere o rendere disponibili, all’interno dello Stato, soggette a determinate condizioni così come saranno stabilite dalle Leggi, informazioni relative a servizi legalmente disponibili in un altro stato.” (14°). Cioè: noi non pratichiamo l’aborto, ma non solo non t’impediamo di andare all’estero a farlo, ti diciamo anche in quali paesi si fa, e magari in quali precise cliniche. E tanto per essere chiari, lo mettiamo per iscritto nella Costituzione.

Non c’è nessun rischio di fallimento, i numeri garantiscono l’approvazione al Senato. Ma la Chiesa ovviamente è contraria, così come il maggiore partito d’opposizione, il Fianna fáil, e parte del Fine gael, alleato di governo dei laburisti. Nelle parole del nunzio apostolico Charles Brown, riportate in volantini religiosamente distribuiti nelle chiese irlandesi domenica 14 luglio: “Se abbandoniamo il principio che c’insegna che la vita umana innocente è inviolabile, ossia che è sacra e deve essere protetta dalla legge, se ci allontaniamo da quel principio e cominciamo a dare spazio alla deliberata e diretta distruzione della vita umana, che basi avremo per obiettare quando la situazione procederà oltre e altre categorie di esseri umani vulnerabili saranno minacciate?”

Già, ma intanto nel 2012, più o meno come in tutti gli anni precedenti, 3982 donne sono andate ad abortire nel Regno Unito, di cui 2700 tra le tre e le nove settimane di gestazione. Con la nuova legge continueranno a farlo. E l’ipocrisia continua.