"Camicie rosse" su Bangkok. Di fronte alla mobilitazione delle "camicie rosse" a sostegno dell’ex premier Thaksin Shinawatra, deposto dai militari nel 2006 con l’accusa di corruzione, e del clima generale da guerra civile che si è determinato in tutto il paese, emerge quanto la particolare fragilità del sistema politico thailandese sia un aspetto connesso non solo alla natura contingente dei rapporti tra istituzioni, partiti, società civile ed esercito, ma come esso debba essere ricondotto a una dinamica di più lungo periodo.
Il tratto caratteristico della storia politica nazionale è, infatti, la grande tensione esistente tra il forte attaccamento a una tradizione millenaria e le potenti spinte verso la modernità. In particolare l'esacerbarsi di questa tensione è emerso con crescente evidenza nel corso degli ultimi anni, in virtà delle peculiari caratteristiche di una modernizzazione economica che ha comportato costi decisamente elevati in termini sociali. La storia thailandese sembra sconfessare le tesi di autorevoli intellettuali che hanno teorizzato come lo sviluppo economico sia precondizione di una maggiore democratizzazione sul piano politico, poiché la crescita economica condurrebbe al consolidamento di una più società più consapevole, capace di mobilitarsi e di inserirsi nel dibattito istituzionale.
 
L'esperienza thailandese è decisamente ambigua a questo riguardo: la storia politica del paese mostra infatti come l’impatto della crescita economica, abbia prodotto in realtà un effetto polarizzante.Dalla fine della monarchia assoluta nel 1932 fino agli anni Ottanta, sotto il saldo controllo della gerarchia militare, il sistema economico thailandese era stagnante. Dagli anni Ottanta in poi si è determinato un improvviso boom che, sulla scorta di uno sviluppo economico accelerato, ha favorito lo sviluppo della classe media urbana e la diffusione di maggiore benessere all’interno di tutta la società thailandese, la quale, soprattutto nella sua componente intellettuale e in quella riconducibile al mondo imprenditoriale, alla classe media e borghese, ha esercitato crescenti pressioni per la progressiva democratizzazione del sistema politico, senza tuttavia centrare completamente il proprio obiettivo. Sul finire degli anni Ottanta, mentre la crescita economica proseguiva a ritmo accelerato, il consolidamento delle forze politiche liberali si è fatto più evidente fino all’insediamento di un sistema politico formalmente democratico nel 1992, in seguito alle proteste popolari (sostenute anche dal re) che hanno rovesciato il governo militare di Suchinda Kraprayoon. Ma, contemporaneamente, lo sviluppo economico ha provocato trasformazioni che hanno reso più fragile la struttura socio-politica del paese. Si è infatti scavata una progressiva distanza tra la classe media urbana, produttrice e portatrice di ricchezza ed innovazione, e le masse rurali, ancora molto povere e poco istruite. I tradizionali valori della plurisecolare cultura thailandese, basata sulla dottrina buddista, sono stati superati della frenesia della vita moderna e dalla cultura del consumo che ha accompagnato l'affermarsi della società del benessere. Questa "debilitazione" progressiva della società civile ha prodotto gravi ripercussioni anche sul piano politico, a partire da una progressiva commistione dei rapporti tra mondo imprenditoriale e politico, resa emblematica dall'elezione nel 2001 alla guida del paese del potente uomo di affari Thaksin Shinawatra. E proprio questa commistione dei rapporti è alla base di quel dilagare della corruzione che, assieme all'incapacità di domare l'insurrezione islamica nel sud del paese e alla censure sui media, ha condotto alla deposizione di Shinawatra nel 2006 da parte di un colpo di stato militare che nel settembre 2006 ha interrotto bruscamente il fragile percorso democratico thailandese.
 
Resta da domandarsi come sia oggi percepito, in Thailandia (monarchia costituzionale con elementi provenienti dal sistema di common law), il significato del termine "democrazia". Come ha osservato sul sito Asianews Sombat Dumrongthanyawong, autorevole esperto di vicende thailandesi, il significato di "democrazia" sarebbe profondamente ambiguo a Bangkok poiché: «il popolo thai non ne comprende in profondità il termine. Le azioni di Thaksin in questi giorni non sembrano orientate verso i valori democratici che lui predica. Democrazia non è solo elezioni, ma realizzare gli scopi profondi di essa, che sono la pace e la felicità per tutti». Il ricordo degli infausti trascorsi governativi di Thaksin e i disordini (che hanno impedito lo svolgimento del vertice allargato dei paesi dell'Asean) di cui si sono resi protagonisti i suoi sostenitori, confermano come il ritorno al passato auspicato dagli oppositori di Abhisit non coincida necessariamente con una riaffermazione della democrazia a Bangkok dove, nel frattempo, nonostante la fine dello stato di emergenza, la situazione resta tesa. La strada verso la riconciliazione nazionale, in Thailandia, pare ancora tortuosa.