Yogi Berra, un giocatore di baseball dei New York Yankees oltre mezzo secolo fa, era noto – più che per le abilità sportive – per le sue lapalissiane perle di saggezza, fra cui “è difficile fare previsioni, specie sul futuro”. I sondaggisti italiani devono aver pensato spesso a lui in queste ore. Le rilevazioni sulle intenzioni di voto uscite prima del periodo di divieto di pubblicazione dei sondaggi erano caratterizzate da un’ampia sovrastima dei consensi per il Pd (sui 4-5 punti percentuali) e di conseguenza per la coalizione Italia Bene Comune;da una sovrastima meno marcata ma comunque apprezzabile perla coalizione Monti (3 punti) e per la lista di Ingroia (2 punti); e soprattutto per una notevole sottostima per il Movimento 5 stelle (di oltre 10 punti). Persino i sondaggi pre-elettorali usciti “in camuffa” – sotto forma di risultati di corse ippiche e di previsioni sugli esiti del prossimo conclave riportati su alcuni siti web – confermavano queste congetture fino a poche ore prima del voto.

È vero che alcuni sondaggisti si sbracciano per sottolineare come i loro numeri non vadano intesi come previsioni e che si tratta solo di “istantanee” riferite a uno specifico momento, di orientamenti caratterizzati da incertezza. Ma è inutile negare che questi sondaggi interessano per la loro capacità predittiva. Ed è altrettanto vero che ai “soliti” problemi che affliggono i sondaggi pre-elettorali – difficoltà di estrarre campioni di qualità in presenza di un’elevata quota di elettori non più raggiungibili mediante la rete telefonica fissa, alta incidenza di soggetti irreperibili o che rifiutano di partecipare, ecc. – in questa occasione se ne sono aggiunti altri, fra cui l’aspettativa di un forte astensionismo, l’imbarazzo degli intervistati a confessare comportamenti elettorali precedenti (che servono per ponderare i dati), la partecipazione di forze inedite (Grillo e Monti in primis) e il ruolo centrale degli indecisi che hanno maturato le loro scelte al momento del ritiro delle schede elettorali. Insomma, almeno in relazione ai sondaggi pre-elettorali, il nostro giudizio potrebbe essere indulgente. Per certi versi, la sottostima dei consensi per Grillo “ci sta”: è verosimile che una parte rilevante dei suoi elettori abbia deciso “all’ultimo minuto”. I consensi effettivamente raccolti da Berlusconi corrispondono a quelli previsti (quanto meno ricadono entro il “margine di errore”): altroché rimonta miracolosa. Forse persino l’arretramento dell’aspirante smacchiatore può essere attribuito a una campagna men che brillante (o magari anche ai sondaggi stessi, confortanti alla Camera e quindi incentivanti della scappatella a favore di Grillo). Ma forse dovremmo semplicemente dare di nuovo retta a Yogi: “Se mi chiedi qualcosa che non so, non ti risponderò”. 

Gli “instant polls” e le proiezioni, al contrario, gridano vendetta. Si tratta, in fin dei conti, di previsioni sul passato (una possibilità che Yogi aveva, tutto sommato, immaginato). I primi sono inchieste campionarie in cui si chiede ai votanti di raccontare come hanno già votato: non c’è “indecisione” o “scelta dell’ultimo minuto” che tenga. Le seconde sono tentativi di anticipare gli esiti del voto sulla base dello scrutinio effettivo presso un insieme di seggi ritenuto (impropriamente, a quanto pare) rappresentativo: non si possono neppure invocare le dichiarazioni mendaci dei votanti. Eppure, alla chiusura dei seggi Tecné, Piepoli, Emg – e con loro i mezzi di informazione – ci hanno raccontato che la coalizione di Bersani era in vantaggio di 5-6 punti (in entrambe le Camere), che l’Italia sarebbe stata governabile, che Grillo non avrebbe superato la soglia psicologica del 20%, che i mercati potevano fare a meno di agitarsi malgrado i montiani rischiassero di rimanere fuori dal Parlamento… Poi le prime proiezioni hanno in parte ribaltato la situazione, raccontando che al Senato stava vincendo il centro-destra, con uno scarto anche di diversi punti percentuali. Come sappiamo, lo scarto fra centrosinistra e centrodestra è inferiore a 1 punto percentuale, il Senato non può partorire una maggioranza politicamente credibile, e il Movimento 5 stelle è il primo partito d’Italia.

Se dinanzi a queste previsioni ci siamo indignati forse è solo colpa nostra. È inutile arrabbiarsi se non siamo capaci di aspettare quelle poche ore che servono per avere i risultati ufficiali. Affidiamoci ancora al saggio Yogi: “Non è finita fino a quando non è finita”. Ma qualche motivo per adirarsi rimane: almeno per quanto concerne la Rai (ma non solo) è infatti più che lecito chiedersi quanto (ci) è costato il privilegio di assistere agli instant polls e alle proiezioni.