Sono entrato attivamente nel social network più diffuso nel mondo solo di recente, per motivi di lavoro. Dopo avere sentito parlare (da tutti e in ogni modo) di Facebook, ho cercato, mentre lo usavo come mezzo di diffusione di alcuni contenuti che producevo, di osservare quello che accadeva tra profili, bacheche, nuove amicizie e tutto il resto del materiale che circola tra le pagine della piattaforma ideata da Zuckerberg nel 2004.

Da allora il valore di Facebook, legato al numero degli iscritti, è aumentato a dismisura: è stimato oggi in più di un miliardo di dollari, con circa 600 milioni di utenti che, ogni giorno, si collegano alla loro pagina e interagiscono in vari modi con altri utenti.

Facebook è il secondo sito al mondo per accessi, dopo Google: ecco uno dei dati che giustificano il detto "Facebook is the new www". Niente di più vero: entrare in Facebook è la prima cosa da fare se si vuole promuovere un'azienda, un film, un disco, una persona. Tutto ha un profilo Facebook, esattamente come, un tempo, molte ditte, marchi, imprese iniziarono ad avere un sito. C'è differenza, però, tra Facebook e il World Wide Web.

Facebook, infatti, non asseconda uno dei parametri fondativi/filosofici del web, la condivisione, che avviene solo in un senso: Facebook importa, ma non lascia esportare facilmente tutto ciò che viene creato "in" esso, a partire da mail e messaggi. Anche la condivisione del materiale presente in pagine e profili sottintende la creazione di un account su quel social network. E le innovazioni, o meglio i cambiamenti, che Zuckerberg sta apportando (a ritmo forsennato, riuscendo nella maggior parte dei casi a farli passare inosservati) continuano ad andare in questo senso. Ora c'è la mail di Facebook, con tanto di @facebook nell'indirizzo, che convoglia in un unica casella sms, mail, messaggi privati. Ma, a quanto si capisce, non è possibile scaricare la mail di Facebook con un software di gestione della posta, o quanto meno non è chiaro se, ancora una volta, si possano non solo ricevere mail da servizi esterni, ma anche leggere le nuove e-mail da questi servizi.

Insomma, Facebook sta facendo sì che tutta l'esperienza in rete sia gestita in maniera esclusiva attraverso quella piattaforma, sulla quale caricare contenuti (che rimangono di proprietà di Facebook, che può rivenderli a terzi senza autorizzazione), ascoltare canzoni, scrivere mail, chattare (e presto fare delle videochiamate), eccetera. Facebook, insomma, sta diventando una sorta di potentissimo browser integrato con strumenti di socializzazione (interna) e condivisione (interna).

Indubbiamente è qualcosa di nuovo e rivoluzionario (e, come dovrebbe ormai essere chiaro, non necessariamente in senso positivo), diffuso al punto tale che la sua forza e le conseguenze della sua diffusione non vengono percepite. Essere su Facebook e usarlo è dato per scontato, ormai: questo atteggiamento impedisce però ogni senso critico nei confronti dei meccanismi su cui la piattaforma si regola. Seicento milioni di persone consenzienti sono una forza, per quanto passiva, che non dovrebbe essere sottovalutata.