Il 2 luglio scorso è morto Michel Rocard, personaggio di primo piano della sinistra non comunista francese, del socialismo transalpino e in generale del riformismo europeo. Non così nota in Italia, in realtà la sua lunga esperienza politica è paradigmatica dell’evoluzione della gauche transalpina. Tra le tante descrizioni fornite da esperti, colleghi e amici, la più efficace è parsa quella dello storico e intellettuale Jacques Julliard, il quale su «Le Nouvel Obs» ha definito Rocard il punto di riferimento per tutti coloro che «non amano la politica» (sottointeso politicienne). Il suo parler vrai ha raccolto attestati di stima tra quei gollisti, quei mendesisti, quei sindacalisti, quei chrétiens de gauche e quei funzionari e tecnocrati non disposti ad accettare un approccio politico finalizzato alla mera gestione del potere e che al decisionismo, al rigore morale e alla soluzione pragmatica, preferisce settarismo e ideologismo.

La sua è un’eredità già contesa. Emblematico il botta e risposta tra i due attuali vertici della V Repubblica. Da un lato Manuel Valls, giovane collaboratore di Rocard a Matignon sul finire degli anni Ottanta, lo ha definito il simbolo dell’inconciliabilità tra le due sinistre transalpine. Dall’altro il presidente della Repubblica durante la cerimonia ufficiale agli Invalides non ha perso occasione per richiamare indirettamente all’ordine il «suo» Primo ministro, descrivendo Rocard come consapevole della necessaria unione tra première e deuxième gauche per garantire alla sinistra la guida del Paese. È evidente come Rocard si sia tramutato, per Valls e Hollande, nello strumento per proporre soluzioni alla crisi della gauche socialista in vista delle prossime presidenziali. Da una parte l’idea di puntare tutto sul riformismo e di riprendere il discorso laddove lo stesso Rocard lo ha interrotto. Dall’altra la logica, seppur in parte rivista, dell’unità à gauche di matrice mitterrandiana indispensabile, secondo Hollande, in questa particolare congiuntura per ottenere un possibile ballottaggio presidenziale contro il candidato Fn.È evidente come Rocard si sia tramutato, per Valls e Hollande, nello strumento per proporre soluzioni alla crisi della gauche socialista in vista delle prossime presidenzialiAl di là della contingenza, il protagonismo e l’attivismo di Rocard giustificano comunque un dibattito sulla sua eredità. La sua carriera politica, tra fine anni Cinquanta e metà anni Novanta, può essere suddivisa in due parti. La prima è tutta dedicata al tentativo di riformare il socialismo – e la Sfio in particolare – corresponsabile dell’immobilismo della IV Repubblica, della pessima gestione del conflitto algerino e poi incapace di anticipare e di gestire le pulsioni del maggio Sessantotto. La seconda è quella che vede per un ventennio Rocard scontrarsi, più o meno periodicamente, con Mitterrand in un braccio di ferro politico ed ideologico per imporre la rispettiva leadership nel Ps.

Per quanto riguarda la prima fase, l’apprendistato politico di Rocard avviene nel sindacalismo universitario, in opposizione alla guerra d’Algeria e poi all’interno di due minuscoli partiti gauchisti (il Psa e il Psu)nei quali la carica rivoluzionaria finisce per stemperarsi grazie a una sempre più accentuata attenzione a quel mondo intellettuale (i club di tecnocrati e funzionari pubblici) e del sindacalismo autogestionario (in particolare la deconfessionalizzata Cfdt di Edmond Maire). Si tratta di un protagonismo che, sulle macerie della Sfio, prova a fare della cosiddetta deuxième gauche l’asse portante del rinnovamento socialista.

La seconda parte, che simbolicamente inizia con l’ingresso di Rocard nel Ps del 1974, si può esemplificare nel braccio di ferro tra lo stesso Rocard e il rifondatore del socialismo francese, nonché leader indiscusso a partire da Epinay (1971), François Mitterrand. In particolare a Nantes nel 1977 e poi ancora a Metz nel 1979, Rocard gioca le sue carte, partendo da una dimensione di critica culturale. Dalla tribuna del congresso socialista a Nantes descrive le due culture della sinistra. Quella mitterrandiana è giacobina e Stato-centrica, ma soprattutto disposta a scendere a patti con il comunismo pur di ottenere il potere. Quella rocardiana, riformista ed europeista, si caratterizza per la grande attenzione all’evoluzione economico-sociale del Paese e per il rispetto per le autonomie dei soggetti sociali così come degli individui. Il passaggio all’opposizione nel partito al congresso di Metz del 1979, la candidatura e vittoria di Mitterrand e i ruoli marginali nella successiva esperienza di governo, simboleggiano la sconfitta politica dell’opzione Rocard. Ma Rocard deve ancora vivere la parte più traumatica di questa seconda fase sia quando Mitterrand lo nomina a Matignon e si trova a gestire un governo disomogeneo e con una fragile maggioranza parlamentare, sino alle dimissioni del 1991; sia quando si gioca l’ultima carta, prendendo la guida del partito dopo la débâcle socialista alle legislative del 1993, per poi candidarsi alle europee del 1994, trampolino di lancio potenziale per il voto presidenziale dell’anno successivo. Ancora una volta Mitterrand, con l’operazione Tapie, affossa il tentativo rocardiano e brucia definitivamente le sue possibilità di conquista dell’Eliseo.

Ma in definitiva chi è davvero Michel Rocard? E perché il suo profilo è così interessante per l’evoluzione della sinistra transalpina ed europea più in generale?Rocard è un riformista e socialdemocratico di spessore europeo. Pur avendo una formazione giovanile rivoluzionaria e intrisa di marxismo, Rocard rigetta qualsiasi contatto con il comunismo, da lui considerato una deriva e un’illusione devastatrice per la gauche democraticaRocard è un «moralista politico», che deve essere inserito a pieno titolo nella linea di continuità che da Jean Jaurès arriva sino a Pierre Mendès-France, passando per Léon Blum. Ma Rocard è anche un riformista e socialdemocratico di spessore europeo, dunque molto meno «franco-centrico», ad esempio, del suo più grande avversario Mitterrand. Pur avendo una formazione giovanile rivoluzionaria e intrisa di marxismo, Rocard rigetta qualsiasi contatto con il comunismo, da lui considerato una deriva e un’illusione devastatrice per la gauche democratica.

Rocard è l’interprete più fedele di quella cultura politica della deuxième gauche, perdente, se si assumono come punti di vista privilegiati la conquista e la gestione del potere. Per altri versi questa tendenza è però vincente dato che contamina, seppur partendo da una chiara condizione minoritaria, il socialismo francese del post 1969-1971, con una serie di concetti come la concertazione, il primato dell’economia di mercato e la centralità della persona umana, altrimenti estranei alla maggioritaria première gauche mitterrandiana.

Ecco perché un socialismo impotente e inefficace come quello di Hollande dovrebbe ripensare Rocard senza mistificarlo, ma riprendendo una serie di sue riflessioni, a partire dal confronto/scontro tra le due culture della gauche. Una querelle ben lungi dall’esser risolta nel contesto francese, ma non solo in quello.