Il 2 settembre 2015 la foto di Aylan Kurdi, un bimbo di tre anni di origine siriana ritrovato senza vita sulla spiaggia turca di Bodrum adagiato su un fianco quasi stesse dormendo, ha riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Quel giorno insieme a lui persero la vita altre undici persone, tra cui la madre e il fratello Galip, che di anni ne aveva 5.

Da allora, le organizzazioni umanitarie stimano in svariate decine il numero dei minori morti nel tentativo di raggiungere l’Europa (secondo l’Unicef le vittime sarebbero non meno di 400). Ma nessuna di quelle tragedie, dopo Aylan, è più arrivata sulle prime pagine. Se siamo riusciti ad abituarci rapidamente a tragedie di questo tipo, probabilmente non faticheremo ad abituarci anche a molto altro.

La fuga dalla guerra e dalla disperazione di centinaia di migliaia di persone coinvolge un numero altissimo di minori. Secondo i dati messi a disposizione dall’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, il 35% dei migranti arrivati nei territori dell’Unione europea nella prima parte del 2016 è minorenne (per Save the Children, sono 12.300 quelli arrivati in Italia lo scorso anno). Di una gran parte di loro non si sa più nulla.

Le stime comunicate da Europol al Parlamento europeo pochi giorni fa indicano in circa 10.000 i minori scomparsi negli ultimi due anni, una cifra che secondo Save the Children sarebbe in realtà più che doppia. Molti arrivano in Europa non accompagnati: nel 2005 sono state più di 85.000 le richieste di asilo da parte di minori, contro le circa 25.000 del 2014. Molti scompaiono e cadono nella rete dei trafficanti. Sempre secondo Europol, nei primi nove mesi del 2015, solo in Italia sarebbero 5.000 i minori non accompagnati giunti in cerca di asilo e subito scomparsi nel nulla; 1.000 in Svezia.

Ancora una volta è il regolamento di Dublino sotto accusa. L’obbligo di registrazione nel Paese di arrivo, infatti, porta moltissimi a fuggire dai centri di accoglienza, in cerca di un riparo di fortuna (in Belgio, della metà dei minori arrivati nei centri di identificazione si perdono le tracce nelle 48 ore successive: Terres des Hommes, Disappearing, departing, running away A surfeit of children in Europe? Study carried out in Belgium, France, Spain and Switzerland on the disappearances of unaccompanied foreign minors placed in institutions). In questo modo, per chi è alla ricerca di minori da avviare alla prostituzione non è difficile trovare nuove vittime.

Nel 2014 la polizia ferroviaria di Roma scoprì un giro di prostituzione minorile che avveniva in pieno giorno alla stazione Termini. E in questo, come in molti altri casi quando si parla di minori, bisogna in realtà riferirsi a chi ha meno di 14 anni, età sotto la quale per la legge italiana non si può essere incriminati.

Nel nostro Paese c’è poi un altro tipo di sfruttamento, quello sul lavoro, in particolare in agricoltura. Su questo i dati sono difficili da reperire, ma per avere un’idea del fenomeno si può fare riferimento al Rapporto Agromafie e caporalato curato dall’Osservatorio Flai-Cgil, dove a fianco dei numeri macro sul fenomeno del caporalato in agricoltura si legge, tra l’altro: «In particolare sono le donne e i bambini ad essere l’anello più debole dello sfruttamento, le prime spesso costrette a essere inserite nel circuito dello sfruttamento della prostituzione e i secondi costretti a lavorare nonostante la giovane età in condizioni che non fanno onore ad un Paese che si definisce civile».

Anche su questo, come su altri fenomeni, si va da un’attenzione limitata ai giorni della presentazione dei diversi rapporti e dei relativi comunicati stampa, alla disattenzione più completa. Eppure in molti casi stiamo parlando di bambini e bambine, al massimo ragazzini. Ma forse neanche questo è più sufficiente per ricordarci quali sono le basi su cui la civiltà europea è stata costruita e ancora oggi si crede fondata. E la paura e il desiderio di chiudersi in nuove barriere continuerà a prevalere su tutto il resto.