Due proposte sono state recentemente avanzate (meglio: rispolverate) dalla maggioranza di governo per contrastare l’evasione: sostituire all’Irpef una cedolare secca del 20-25% sugli affitti; associare agli scontrini fiscali una lotteria. Entrambe le proposte sembrano godere di elevata popolarità.

Nel primo caso, almeno apparentemente, nessuno sembra perderci, mentre alcuni sicuramente ci guadagnerebbero. I proprietari di immobili fedeli al fisco, che già pagano aliquote Irpef che vanno dal 23 al 43 per cento, avrebbero tutti o quasi un risparmio di imposta (dipende dalla misura della cedolare), ma il risparmio sarebbe tanto maggiore quanto più essi sono facoltosi, e dunque assoggettati ad Irpef più elevata. Per gli evasori totali o parziali la misura avrebbe l’effetto di ridurre il costo opportunità dell’evasione. Quanto ciò sia di stimolo a ridurre l’evasione stessa resta da dimostrare (ma sicuramente gli evasori totali se la riderebbero). Nel campo immobiliare, altri strumenti sono preferibili per fare emergere il sommerso, a partire da quelli basati sull’incrocio di informazioni (ad esempio, con le bollette delle utenze).
Nel secondo caso, a volte denominato «gratta e vinci fiscale», si tratta di associare agli scontrini fiscali la possibilità di una vincita, tramite una lotteria. Ciò indurrebbe i consumatori a chiedere gli scontrini, e consentirebbe al contempo al fisco di conoscere le relative transazioni monetarie, base di riferimento per l’imposizione indiretta e anche per quella diretta.
Di tanto in tanto la «lotteria fiscale» viene presentata come novità. Ma ha radici lontane. Esperienze di questo tipo sono iniziate a Taiwan negli anni Cinquanta, per poi espandersi in Corea, nelle Filippine e in alcune province della Cina. Sono rimaste comunque localizzate in alcuni paesi asiatici. In Italia, la «lotteria fiscale» è stata portata all’attenzione, alcuni anni fa, da Carla Marchese. Da poco ritornata alla ribalta a seguito di un intervento di Mauro Marè e Giuseppe Pasquale, ha incontrato il consenso di alcuni esponenti della maggioranza, che l’hanno fatta propria e inserita nel dibattito di policy. Secondo un sondaggio in corso al Corriere della sera ha per ora il gradimento del 69% degli italiani.
La proposta è interessante anche se di non facile applicazione. In Cina, ad esempio, è stata a lungo in cantiere, e la sua sperimentazione è stata cauta, con una progressiva estensione per aree geografiche e settori di attività. Nel complesso sembra avere un buon successo, con aumenti del gettito complessivo attorno al 10% nelle aree dove è effettuata la sperimentazione (20% per le sole imposte indirette) (cfr. The Lottery Receipt Experiment in China, di Junmin Wan). Senza enfatizzarla, come strumento di contrasto all’evasione, la proposta potrebbe meritare un approfondimento in Italia, soprattutto per alcuni settori (ad esempio, la ristorazione, o altri servizi). In fondo siamo un paese di giocatori ed evasori, in questo analogo ai paesi asiatici!
Il «gratta e vinci fiscale» non sembra però avere il consenso della maggioranza: il sottosegretario all’economia Alberto Giorgetti ha annunciato che non se ne farà nulla: meglio semmai detassare gli affitti che non contrastare l’evasione.