La crisi politica italiana aperta dalle elezioni del 24 e 25 febbraio scorsi può essere analizzata sotto il profilo di criteri nazionali che in questo caso sono numerosi e costituiscono innegabilmente una specificità.

Innanzitutto, è aumentata l’astensione. I tre partiti di governo, Pd, Pdl e Udc, hanno perso 11 milioni di elettori rispetto al 2008. L’Udc è scomparso, il Pd è sull’orlo dell’implosione e il Pdl è tenuto insieme solo grazie al suo leader; mentre il Movimento 5 Stelle è diventato il primo partito italiano, con il 25,5% di voti alla Camera. La quadriglia bipolare che sembrava organizzata dal 2008 attorno al Pdl e al Pd, affiancati dalla Lega Nord e dall’Italia dei Valori, è così rimessa in causa. Oggi emerge un trittico squilibrato, con un bipolarismo eroso e un movimento che rifiuta la forma partito. Il meccanismo diabolico della legge elettorale ha provocato una situazione inestricabile di ingovernabilità. Perciò, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nuovamente eletto, ha ripreso in mano le carte per tentare di superare questa impasse. Ha sondato la disponibilità di Enrico Letta a formare un governo e ha chiaramente indicato un piano d’azione: un esecutivo di larghe intese che abbia l’incarico di riformare la legge elettorale, di proseguire nel risanamento economico, non trascurando di adottare le necessarie misure sociali, e di ridurre i costi della politica per rispondere alle attese di un’opinione pubblica sempre più esasperata.

Ma siamo così sicuri che l’Italia sia un’eccezione? La Francia, spesso presa a esempio, registra in realtà fenomeni comparabili, il che non significa tuttavia identici. La perdita di fiducia verso la classe politica segna un record: al primo turno delle elezioni presidenziali, l’anno scorso, il voto di protesta ha accomunato quasi il 35% degli elettori. Ormai, il 77% dei francesi considera corrotti i propri eletti. E se il Partito socialista è disorientato e diviso, l’Ump, il principale partito di opposizione, è in pezzi. Il Fronte Nazionale di Marine Le Pen sembra avanzare in modo inarrestabile e il Front de gauche di Jean-Luc Mélenchon reclama una Sesta Repubblica. Certo, rispetto all’Italia in Francia è ancora preservata la solidità delle istituzioni. Ma il cedimento dei partiti contribuisce a indebolirla.

Nei fatti, i due Paesi si confrontano con tre crisi dagli effetti devastanti: la crisi economica e sociale, la crisi della rappresentanza democratica in seno allo Stato-nazione e la crisi della costruzione europea. Bisogna riunirsi allora in governi di unità nazionale, come è accaduto in Grecia e come sta accadendo oggi in Italia? Il carattere improvvisato di queste alleanze cementate dall'avventatezza rischia di alimentare la riprovazione degli elettori nei confronti della classe politica. La palla passa ora nel campo delle élite: sta ad esse afferrarla per giustificare la propria esistenza prima che sia troppo tardi.