La socialdemocrazia tramonta a Berlino. Il risultato delle elezioni politiche in Germania è netto: gli elettori hanno sanzionato, sia pure in misura significativamente diversa, i due partiti dell’uscente Grande Coalizione, premiato i partiti più piccoli e affidato ai cristiano-democratici e ai liberal-democratici il compito di guidare il paese nella prossima legislatura, mostrando di padroneggiare il voto tattico del sistema elettorale «proporzionale personalizzato». Più nel dettaglio, la Cdu-Csu è stata riconfermata con il 33,8% dei voti come primo partito, ma è arretrata rispetto alle elezioni del 2005, la Spd ha conseguito con il 23% delle preferenze il suo peggior risultato dal 1949, la Fdp, la Linke e i Verdi hanno, infine, ottenuto, rispettivamente con il 14,6%, l’11,9% e il 10,7% dei voti, il miglior risultato di sempre e, complessivamente, più di un terzo dei consensi.

Tab. 1. Germania: Elezioni nazionali 18 settembre 2005 e 27 settembre 2009 

 
Cdu/Csu
Spd
Fdp
Die Linke
Verdi
Altri
Percentuale votanti
2005
35,2%
34,3%
9,8%
8,7%
8,1%
3,9%
77,8%
2009
33,8%
23,0%
14,6%
11,9%
10,7%
6%
70,8%
 

L’eventualità ventilata alla vigilia delle elezioni da alcuni politologi e costituzionalisti allarmati che la Grosse Koalition si trasformasse in una formula obbligata e permanente, per il momento non si è avverata. Non per questo, però, l’assunto sul quale venivano fondate tali preoccupazioni è stato smentito, ovvero l’idea per la quale la Grosse Koalition, invece di risolvere, avrebbe finito per accentuare i due problemi che ne avevano accompagnato la nascita: 1) la progressiva frammentazione del sistema partitico – da un bipartitismo costruito sui due grandi partiti popolari, corretto dalla presenza di un terzo partito disposto a coalizzarsi a seconda delle opportunità, si è arrivati a un sistema a cinque partiti stabilmente sopra la soglia del 5% (e ora a quanto pare anche del 10%) – ; 2) la crescente disaffezione degli elettori tedeschi nei confronti della politica. In particolare, rispetto alle elezioni del 2005 i due grandi partiti continuano a perdere voti a vantaggio delle ali estreme e soprattutto cresce in modo significativo il partito dell’astensione.

I due dati, che confermano due tendenze di lungo periodo risalenti alla fine degli anni Settanta, sono del resto strettamente correlati, dal momento che l’astensionismo penalizza generalmente i partiti più grandi. Ma il calo di ben 7 punti percentuali nella partecipazione al voto rispetto alle elezioni del 2005 è senza dubbio anche espressione di un diffuso malcontento nei confronti della coalizione di governo uscente. E, al riguardo, appare evidente che a pagare il prezzo più alto sia stato il junior partner, la Spd, che ha perso l’11,1% dei voti contro il ben più contenuto calo dell’1,4% subito dalla Cdu/Csu.

Sono vari i fattori che concorrono a spiegare il diverso modo cui le due Volksparteien sono state trattate dagli elettori. Tra questi, in particolare, spicca il contrasto tra la capacità della cancelliera cristiano-democratica Angela Merkel di esprimere negli ultimi quattro anni un’autorevole e credibile leadership, da cui ha tratto inevitabilmente beneficio anche il suo partito, e l’oggettiva incapacità della frammentata Spd di avanzare una concreta proposta di governo. Più precisamente, la divisione interna alla socialdemocrazia tedesca, manifestasi in tutta la sua ampiezza all’indomani del voto, è tra coloro (come gli ex ministri Steinmeier, Steinbrück e Müntefering) che vorrebbero portare avanti l’ammodernamento programmatico e culturale avviato da Schröder, da un lato, e gli aspiranti leader socialdemocratici di domani (come Wowereit e Nahles) che vorrebbero arrestare l’erosione di consensi a vantaggio della Linke attraverso una conversione a sinistra, senza più escludere in via pregiudiziale la possibilità di un’alleanza con il partito di Lafontaine.

Tab. 2. Distribuzione dei seggi al Bundestag

Cdu/Csu
Spd
Fdp
Die Linke
Verdi
Totale
239 (+13)
146 (-76)
93 (+32)
76(+22)
68 (+17)
622
 

La resa dei conti interna alla Spd sembra essere già iniziata a discapito del gruppo degli schröderiani e potrebbe approdare al congresso di novembre con una svolta a sinistra. Ai cristiano-democratici e ai liberal-democratici (sorprendenti al di là delle rosee aspettative) spetta, invece, il non facile compito di appianare le loro divergenze programmatiche e di avanzare una proposta di governo, che tenga conto della crisi economica e dell’ondata di disoccupazione attesa per l’autunno.