Il «massacro» è quello che sull'Appenino bolognese, nei pressi di Monte Sole, costò la vita a quasi ottocento persone, uccise in oltre cento diverse località di eccidio distribuite sul territorio. Questo di Baldissara e Pezzino è uno dei libri più belli, certamente il più completo, sulla strage compiuta dalle truppe tedesche tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nota come «strage di Marzabotto».

Un volume tanto minuzioso nella riscotruzione storica e nella quasi accanita ricollocazione dei documenti, oltre che nella contestualizzazione degli eventi bellici di quel periodo, quanto drammatico nelle emozioni che riesce a trasmettere grazie anche alla sola lettura delle testimonianze.

L'obiettivo dei tedeschi è quello di «ripulire» un'importante area strategica a ridosso della linea del fronte (la Linea Gotica) dalla presenza dei partigiani. Ma senza cercare il combattimento, piuttosto facendo terra bruciata intorno ad essi. Questa tragica operazione militare di guerra contro i civili è qui ricostruita dettagliatamente, grazie al ricorso a una vasta mole di documentazione archivistica italiana e straniera, relativa anche ai processi che si svolsero successivamente, da quello a carico del maggiore delle SS Walter Reder nel 1951 a quello conclusosi nel 2008 con la condanna di una decina di subalterni. La storia del massacro è ricondotta al contesto in cui maturò: al rapporto tra partigiani e popolazioni e alle ragioni che consentirono ai soldati tedeschi di vedere in donne e bambini un nemico da sterminare. Il racconto del massacro che è assurto a simbolo della violenza nazista in Italia, e nel contempo un'indagine illuminante sulle culture e sulle pratiche della violenza di guerra ai civili in età contemporanea.


► Un brano dal testo

Lucia Sabbioni, al cimitero, aveva in braccio la sorellina di quattro anni, che fu colpita alla testa da un frammento di muro della cappella ed ebbe il braccio destro asportato da una raffica:

«Ho visto la mia sorellina che le mancava un pezzo di cervello, un braccio era andato, gli occhi non c’erano, mi sono trovata con un pezzo di carne, non c’era più mia sorella, non c’era più niente. Mi toglievo tutti i resti umani, dico: cosa faccio sono morta sono viva!? Eppure se mi metto ad urlare loro mi ammazzano, io sono ancora viva! E poi niente, tutta questa gente che agonizzava, che moriva piano piano. [Ho perduto in quell’occasione] la mia mamma che aspettava l’ottavo figlio e quindi ho perduto mio fratellino Otello, poi Adriana mia sorella, Giovanna mia sorella, Irene mia sorella, Bruna mia sorella, Desiderio il nonno e Gaetano lo zio, che lui non l’hanno ucciso nel cimitero, ma mentre saliva che cercava di raggiungere suo fratello, mio padre; l’hanno visto e l’hanno freddato».

Lei fu ferita in varie parti del corpo da schegge di bombe a mano, e alla coscia sinistra da una pallottola. Cadde sopra Lidia Pirini, protetta dal corpo di Cleofe Betti, «un donnone gigantesco [...] l’altra sorellina, Irene, rimasta vicino alla mamma, era sventrata, irriconoscibile; la mamma aveva il cranio fracassato».
[...]
La figura simbolo della tragedia di Casaglia è, insieme a don Marchioni, un bambino di otto anni, Vittorio Tonelli, del Possatore, che ritroviamo sia nella commemorazione del primo anniversario, sia nel memoriale di Antonietta Benni, la cui fonte sono Lidia Pirini e Lucia Sabbioni: «era rimasto illeso; uscendo dal cancello e scrutando l’orizzonte rientra e dice forte: “Se c’è qualcuno ancora vivo, scappi adesso che i tedeschi non ci sono più”». Lucia Sabbioni si alza a fatica, esce dal cimitero appoggiandosi a Elsa Tugnoli e alla sorella Vittoria, gli passa davanti, lo invita a scappare. «E il bimbo mostrando la mamma e cinque fratellini e le sorelle morti: “Io voglio morire con loro”». Più tardi uscì dal cimitero e si avviò verso Vado, ma lungo la strada fu ucciso da una granata. Spicca accanto alla sua, la figura di una bimba lattante, rimasta viva fra le braccia della madre, uccisa insieme a nove familiari: «era cadut[a] a terra. C’è chi l[a] ha vist[a] vagare tra i morti movendosi con le gambette e le piccola braccia per terra non sapendo camminare. Pioveva a dirotto [...] è mort[a] dopo qualche ora di fame e di freddo».

 

 

Luca Baldissara insegna Storia contemporanea presso l'Università di Pisa. Con «Il Mulino» ha pubblicato Per una città più bella e più grande. Il governo municipale di Bologna (1994) e Tecnica e politica nell'amministrazione (1998). Dirige la rivista «900. Per una storia del tempo presente».

Paolo Pezzino insegna Storia contemporanea presso l'Università di Pisa. Con «Il Mulino» ha pubblicato Anatomia di un massacro (1997, nuova edizione 2007), Storie di guerra civile. L'eccidio di Niccioleta (2001) e Sant'Anna di Stazzema (2009).



Collana storia / memoria, Bologna, Il Mulino, 2009, pp. 628, euro 33

 

Il libro viene presentato

► Il giorno 4 luglio, alle ore 10, presso la Sala Consigliare del Comune di Marzabotto, alla presenza degli autori, di Celestino Porro, del senatore Giovanni Bersani e di Don Athos Righi, priore della Piccola Famiglia dell'Annunziata (grazie al Consorzio di gestione del Parco Storico di Monte Sole).

► Il giorno lunedì 6 luglio alle 18, presso la Libreria.coop Ambasciatori di Bologna, in via Orefici, 19, alla presenza degli autori e di Carlo Galli, Paolo Prodi e Walter Vitali. Modera l’incontro Michele Smargiassi